Covid, Garattini: "Vaccino obbligatorio o il Paese va in tilt"

Il fondatore dell'Istituto Mario Negri: "È la via maestra, non c'è più tempo da perdere. Il governo deve avere più coraggio"

Silvio Garattini, 93 anni

Silvio Garattini, 93 anni

"Il governo, per contenere la pandemia, ha ancora tre strade: obbligo vaccinale, lockdown per i no vax, eliminare i tamponi dal Green pass. Ma la prima via è quella maestra, non c’è più tempo da perdere, l’esecutivo deve avere più coraggio". A dirlo è una delle voci scientifiche più istituzionali in Italia, il farmacologo Silvio Garattini, fondatore dell’Istituto Mario Negri.

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Professore, siamo giunti a quella "estrema ratio per l’obbligo vaccinale" in Italia, di cui parlava qualche mese fa?

"Ci siamo, non è accettabile che ancora così tante persone rifiutino l’antidoto incidendo sulla situazione generale. La maggior parte dei pazienti in Terapia intensiva è no vax. Il governo deve avere il coraggio di prendere questa decisione. I dati dicono che c’è necessità e siamo in ritardo".

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Nelle restrizioni graduali del governo c’è ancora l’ipotesi di un lockdown per i non vaccinati.

"Certo, come anche levare la possibilità di fare il tampone per avere il Green pass. La vaccinazione e la guarigione rappresentano una sicura protezione, il test assolutamente no. È una fotografia di un determinato momento, che non copre dalla malattia".

Visto che il Green pass non ferma i contagi e un lockdown generale non è possibile, l’alternativa a non rendere obbligatori gli antidoti al Covid è lasciare correre il virus creando un’immunità di gregge naturale. È una strada percorribile?

"No, perché la variante Omicron è molto più contagiosa. Dai dati sembrerebbe meno aggressiva, però se si diffonde così tanto è lo stesso paralizzante. Quando in troppi si ammalano e devono rimanere a casa, il Paese va in tilt. Per questo il governo deve prendere una decisione in fretta".

Perché solo Austria, Ecaudor e Indonesia hanno applicato l’obbligo vaccinale?

"Molti hanno scelto il lockdown per i non vaccinati, un’arma importante".

Un obbligo dai 18 anni in su avrebbe senso?

"No, serve una legge che faccia vaccinare tutti perché man mano che gli adulti si coprono, il virus circola nelle fasce d’età più basse. In più, aumenta il rischio ricovero per i giovani. Comunque, ci sarebbero problemi organizzativi".

In che senso?

"Ci sono ancora 5-6 milioni di non vaccinati in Italia e bisogna correre con le terze dosi. La popolazione da immunizzare, inoltre, è molto ampia: visto che il 10% di chi è vaccinato ha una risposta immunitaria insufficiente e l’efficacia dell’antidoto è del 90%. Ci saranno intoppi, ma non possiamo più aspettare".

Nel caso in cui l’Italia inserirà l’obbligo vaccinale, molti Paesi europei a cascata seguirebbero il nostro esempio?

"Sì. Ora siamo in una situazione paradossale in cui i governi stanno fermi in attesa che qualcuno faccia la prima mossa".

Alfa dall’Inghilterra, Delta dall’India, Omicron dal Sudafrica: se anche gli altri Paesi non introducono l’obbligo vaccinale, la pandemia non terminerà mai?

"Esatto. Bisogna vaccinare il mondo o non ne usciamo: arriveranno sempre nuove varianti, finché non ne avremo una insensibile ai vaccini e saranno guai seri. Immunizzare il mondo è una questione politica, è possibile ma costa. Servono almeno 20 miliardi di euro, ha stimato Public Citizen, per fabbricare, fare arrivare e somministrare i vaccini nel mondo. Questo sarà il prossimo tema di discussione: non è beneficenza, ma un atto di sanità pubblica".

Come va modulato un obbligo vaccinale efficace?

"L’attuazione è una questione politica. Servono multe importanti e divieti per chi non aderisce alla campagna. Al lavoro non si va, al bar nemmeno".

Se è vero che il virus tende a diventare un raffreddore, con la terza dose avremo una copertura duratura?

"Nessuno lo sa. La situazione più saggia è quella di avere di fronte il quadro peggiore, poi se viene il migliore, bene. Se ci illudiamo, arrivano le batoste: è ancora il momento di forti raccomandazioni per mascherine, distanziamento ed evitare affollamenti. Da amante del calcio, trovo incredibile che il governo non abbia il coraggio di vietare gli assembramenti negli stadi, una scelta che avrebbe evitato molti contagi”.

Nella storia sono stati tanti i vaccini obbligatori. Perché una quota così alta della popolazione è contraria?

"Anche la vaccinazione anti polio non venne accettata, i pediatri dell’epoca avevano paura. In quegli anni vaccinammo con due anni di ritardo. Siamo una popolazione restia, i sondaggi dicono che solo il 78% crede nei vaccini. Questo dipende molto dal fatto che la scienza non è entrata nelle scuole: la formazione italiana è letteraria-filosofico-artistico. La scienza come conoscenza non è presente nella nostra cultura".

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