Martedì 16 Aprile 2024

Gabrielli e il ruolo degli 007 "Nessun dossieraggio"

Il sottosegretario alla Sicurezza: basta con i sospetti, nessun cronista attenzionato "Chi ha fatto uscire il nostro Bollettino non resterà impunito, è un fatto gravissimo"

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di Giovanni Rossi

Il governo declassifica l’Hybrid Bulletin sulla disinformazione della Russia via social, una tra le fonti dell’articolo del Corriere della Sera "La rete di Putin in Italia: chi sono influencer e opinionisti che fanno propaganda per Mosca", citando tra gli altri il docente universitario Alessandro Orsini e l’ex presidente della commissione Esteri del Senato Vito Petrocelli. "Nessuna Spectre, nessuna lista di proscrizione, nessun Grande Fratello", certifica Franco Gabrielli, sottosegretario e autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, auspicando che "la lettura integrale" delle sette pagine firmate dagli analisti del Dis (l’organismo di coordinamento dei nostri 007) "porti alla definitiva cessazione di ogni infamante sospetto sull’attività dell’intelligence o su fantomatici indirizzi governativi volti a limitare il diritto di informazione".

Il bollettino è un’attività di ricognizione social (Telegram, Twitter, Facebook), "che non ha nulla a che vedere con l’attività dell’intelligence" e "non ha nulla che possa essere identificato con la schedatura" o "il dossieraggio di persone", precisa Gabrielli. L’analisi dei social non nasce peraltro con la guerra in Ucraina, ma risale all’esplosione della pandemia e delle fake news sanitarie.

I sei cittadini italiani presenti nel documento – dichiara Gabrielli – "non sono attenzionati", ma solo "citati". Si tratta di Alberto Fazolo (economista e pubblicista del Lazio, che ha parlato dell’uccisione di diversi giornalisti in territorio ucraino), del freelance Giorgio Bianchi (in Ucraina con finalità di propaganda filorussa), dell’eurodeputata Francesca Donato (descritta sull’emittente Russia Today come “colei che ha votato contro l’invio di armi in Ucraina”), di Rolando Dubini (Comitato Ucraina antifascista), di Rosangela Mattei, nipote di Enrico (una sua intervista è stata rilanciata sui social da noti influencer antigovernativi e filorussi), e della blogger Francesca Totolo (che ha ripreso un tweet della campagna mediatica contro il presidente ucraino Volodymyr Zelensky). Di Orsini e Petrocelli, come di altri opinionisti critici, nessuna traccia. La "mano solerte" che ha trasmesso il bollettino ha commesso tuttavia un’azione "gravissima", creando "grande discredito non tanto per il livello delle informazioni rese", ma per il fatto stesso che "un documento classificato" sia uscito dalla "disponibilità" esclusiva degli apparati e del governo. "Chi mi conosce sa che nulla rimarrà impunito. Lo dobbiamo al Paese e alla credibilità del comparto", promette l’ex capo della polizia, secondo il quale "l’unico antidoto alla propaganda è la libera informazione, un bene prezioso da salvaguardare sempre", perché "tutto ciò che è un diverso pensiero è una ricchezza".

"Apprendiamo con sollievo che il bollettino non è frutto di attività di dossieraggio sui giornalisti. Certo non ci conforta, come cittadini, sapere che risorse, personale e dotazioni dello Stato, che dovrebbero contrastare la disinformazione, sono impiegate per compulsare le rassegne stampa, un’attività da pensionati sulle panchine dei giardinetti", commenta Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine dei giornalisti. "Se un risultato ipoteticamente positivo ha un prezzo così alto, si impone una riflessione sulla sua utilità", riconosce Gabrielli. Caso chiuso. Con parecchio imbarazzo.