Furbetti del bonus sotto assedio Pressing sull’Inps: faccia i nomi

Tridico, presidente dell’Istituto, potrebbe essere chiamato a testimoniare in un’audizione secretata Tensione in Parlamento. Solo tre dei 5 deputati che hanno fatto richiesta avrebbero ricevuto i soldi

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di Antonella Coppari

Se, a botta calda, Di Maio aveva mascherato la campagna referendaria, ventiquattro ore dopo – acquisita la certezza di un limitatissimo coinvolgimento del suo Movimento – si lancia in un vero e proprio comizio, con tuoni fiammeggianti e uso spregiudicato dello scandalo di Montecitorio: "Politici furbetti con stipendi da capogiro che richiedono il bonus di 600 euro per le partite Iva in difficoltà. Tra loro 5 deputati della Repubblica. E ci si domanda ancora se il taglio dei parlamentari sia una cosa giusta. Il 20 e il 21 settembre possiamo dare insieme una bella sfoltita e fare la storia".

L’impiego strumentale della vicenda è sfacciato e l’ex capo politico M5s non si preoccupa nemmeno di mascherarlo come magari avrebbero fatto leader più compassati. Va detto tuttavia che il clima maturato nel Palazzo e dintorni dopo la rivelazione dell’Inps costituiva una tentazione praticamente invincibile. Lo stesso Ente non sfugge a polemiche a sfondo referendaria: sotto accusa per la presunta soffiata alle alte cariche pentastellate finisce pure il presidente dell’Ente, Pasquale Tridico.

Ma è in generale l’intera atmosfera concitata che contrassegna una giornata di ordinaria indignazione a giustificare l’operazione. Del resto: se in Parlamento il fenomeno sembra in realtà limitatissimo, tra gli amministratori regionali, provinciali e comunali è molto più vasto. Sia ben chiaro: al di là dell’outing di eletti negli enti locali, di ufficiale non c’è nulla (l’Inps blinda i nomi per questioni di privacy) e quello che filtra è ancora il numero dei deputati coinvolti: in cinque avrebbero fatto richiesta, ma solo in tre avrebbero ottenuto il contributo.

Sarebbero – secondo i soliti bene informati – due leghisti e un pentastellato. Ragion per cui va in onda la seconda puntata di una straordinaria caccia al colpevole. Dal ring si tira fuori Italia viva, che minaccia di trascinare in tribunale chi osasse ancora coinvolgerla nell’affaire. "Questo modo di fare servizio pubblico dell’Inps è barbaro", commenta Ettore Rosato, protagonista di una fiammeggiante telefonata con Tridico: "Nessuno dei nostri parlamentari ha ricevuto il bonus".

Tra querele annunciate e promesse, restano accesi i fari su Lega e M5s: chiunque abbia una partita Iva personale finisce sul banco degli imputati. Stanchi delle voci, smentiscono di essere tra i ’reietti’, il salviniano Mario Lolini e l’ex M5s Nicola Acunzo. I big pentastellati Di Maio e Crimi chiedono ai loro parlamentari di firmare una dichiarazione per autorizzare l’Ente a fornire i dati. Ciò non toglie che i nomi dei soggetti coinvolti potrebbero comunque venire alla luce. Sì, perché il presidente Tridico potrebbe essere chiamato a riferire in Parlamento in un’audizione secretata in commissione Lavoro. Il renziano Librandi è deciso a intraprendere questa iniziativa: "In quell’occasione chiederò le sue dimissioni". Di più: secondo una delibera Anac del 2013 gli enti pubblici non economici sono tenuti a pubblicare i nomi "per trasparenza".

Se M5s fa propaganda referendaria, l’opposizione non viene meno alla sua parte in commedia e usa lo scandaletto per bersagliare il governo in maniera non del tutto infondata. Era evidente fin dall’inizio che la scelta di non usare nessun criterio e nessun filtro per erogare il bonus non poteva che comportare un numero di casi del genere, non tanto in Parlamento ma in quella stessa società civile che mette all’indice i palazzi della politica. Il governo replica invocando la necessità di fare presto: "Abbiamo privilegiato la rapidità di ricezione", ribadisce il viceministro dell’Economia Antonio Misiani. E tuttavia qualche dubbio è autorizzato, soprattutto a fronte delle condizioni tanto stringenti messe sul reddito d’emergenza di cui ha usufruito un terzo della platea prevista.