Mottarone, Eitan migliora. "Ha cominciato a mangiare"

L'ordinanza del gip che ha rimesso in libertà Nerini e Perocchio: "Nessun indizio contro di loro". Un operaio: "Tadini ordinò di mettere i forchettoni fin dal 26 aprile". La procuratrice: "Nessuna sconfitta nelle indagini". Presto altri indagati

Luigi Nerini esce dal carcere (Ansa)

Luigi Nerini esce dal carcere (Ansa)

Stresa, 30 maggio 2021 - Il giudice delle indagini preliminari di Verbania non ha dubbi: Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia del Mottarone, teatro della sciagura che domenica scorsa è costata la vita a 14 persone, ha chiamato in causa il gestore dell'impianto Luigi Nerini e il responsabile del servizio Enrico Perocchio "per condividere il peso dei morti". Lo scrive, il giudice Donatella Banci Buonamici nell'ordinanza che sabato sera tardi ha disatteso le richieste della Procura di Verbania (che aveva disposto il fermo per tutti e tre gli indagati), mettendo agli arresti domiciliari Tadini (unico per il quale si ravvisano i "gravi indizi di colpevolezza"), ma disponendo il ritorno in libertà di Nerini e Perocchio. Una deposizione di un dipendente delle Ferrovie Mottarone è agli atti: "Un solo freno avrebbe potuto fermare la vettura…".   

Intanto il piccolo Eitan in ospedale migliora e ha cominciato a mangiare.

Una giornata di interrogatori

Tadini: "Sapeva"

Scrive il magistrato: "Tadini sapeva perfettamente che il suo gesto scellerato (bloccare i freni sulla cabina, ndr) aveva provocato la morte di 14 persone, Tadini sapeva che sarebbe stato chiamato a rispondere, anche e soprattutto in termini civili del disastro causato in termini di perdita di vite umane. Allora perché non condividere questo immane peso, anche economico, con le uniche due persone che avrebbero avuto la possibilità di sostenere un risarcimento danni?".

Per il gip dunque "Tadini sapeva benissimo che chiamando in correità i soggetti forti del gruppo il suo profilo di responsabilità se non escluso sarebbe stato attenuato". Il giudice che non ritiene convincente la motivazione economica fornita da Tadini contro Nerini e Perocchio.

Mancano indizi per Nerini e Perocchio

Nel motivare la sua decisione il gip smonta decisamente la costruzione accusatoria: "Palese è al momento della richiesta di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare la totale mancanza di indizi a carico di Nerini e Perocchio che non siano mere, anche suggestive supposizioni".

Le testimonianze

Secondo il giudice, dalle testimonianze dei dipendenti "appare evidente il contenuto fortemente accusatorio nei confronti del Tadini", perché "tutti concordemente hanno dichiarato che la decisione di mantenere i ceppi era stata sua, mentre nessuno ha parlato del gestore o del direttore di servizio". E queste dichiarazioni "smentiscono" la "chiamata in correita'" di Tadini nei confronti di Nerini e Perocchio. Sempre secondo un operaio Tadini avrebbe ordinato di mettere i forchettoni fin dal 26 aprile. E in passato avrebbe detto, sempre secondo le testimonianze, "tanto il cavo non si spezza".

Il pericolo di fuga

Un'altra picconata all'impostazione della Procura, il gip Buonamici la dà con riferimento al preteso pericolo di fuga. È "palese" la "totale irrilevanza" del riferimento al "clamore mediatico nazionale e internazionale" dell'incidente per sostenere il pericolo di fuga dei 3 fermati.

La procuratrice: "Nessuna sconfitta"

"Assolutamente non la vivo come una sconfitta sul piano investigativo, anche perché l'aspetto più importante è che il giudice abbia condiviso comunque la qualificazione giuridica dei fatti". Lo ha spiegato, intervistata da Radio Veronica One, la procuratrice di Verbania Olimpia Bossi, dopo la decisione de3l gip. "E' una valutazione che il giudice ha fatto. Il procedimento è alle sue fasi iniziali, le indagini continuano. Al di là dello status di libertà, gli indagati restano gli stessi e proseguiremo nelle attività di acquisizione. Ricordiamo che manca pur sempre l'accertamento relativo alle ragioni per cui la famosa fune si è rotta. Il processo non finisce qui".

Altri indagati?

A breve potrebbero essere iscritti nel registro degli indagati anche altri dipendenti della società che gestisce la funivia del Mottarone. "Valuteremo in che termini sapevano dell'uso dei forchettoni", ha detto a Radio 'Veronica One" la procuratrice Olimpia Bossi, e "valuteremo se hanno consapevolmente partecipato o se si sono limitati ad eseguire indicazioni provenienti dall'alto". L'indagine prosegue poi per capire come si è rotto il cavo: "Quando saremo in grado di fare gli avvisi avendo un quadro chiaro di tutte le persone e società da coinvolgere le coinvolgeremo negli accertamenti tecnici".

Il piccolo Eitan migliora

Intanto c'è un sottilissimo raggio di luce. Ha iniziato a mangiare Eitan, il bambino di cinque anni unico sopravvissuto alla strage. Lo si apprende dall'ospedale infantile Regina Margherita di Torino dov'è ricoverato. "Le condizioni di Eitan - viene detto - sono in significativo miglioramento ma la prognosi rimane riservata. Per la prima volta ha cominciato a mangiare alimenti morbidi e leggeri". Per ora il bimbo rimane in Rianimazione per precauzione, ma se non ci saranno complicazioni nei prossimi giorni verrà sciolta la prognosi. Accanto a sé ha sempre la zia Aya e la nonna arrivata da Israele nei giorni scorsi.

"Un solo freno fermava la funivia"

Una deposizione inserita nel provvedimento con cui il giudice di Verbania ha disposto i domiciliari per il capo servizio dell'impianto, Gabriele Tadini, rende ancora più dolorosa la tragedia: "Secondo la mia esperienza per la velocità della vettura durante la fase di rientro, un solo freno avrebbe potuto fermare la vettura…", sono le parole di un dipendente delle Ferrovie Mottarone, la società che gestisce l'impianto, raccolte dai carabinieri di Stresa.

Tadini: Nerini mi diceva arrangiati

Gabriele Tadini, caposervizio, ha ricostruito quella che era "diventata la prassi", di usare i forchettoni per bloccare i freni. A Enrico Perocchio, il direttore di esercizio della funivia del Mottarone, "ho detto che andavo avanti coi forchettoni e lui non mi ha risposto» e «l'ho detto anche a Nerini che mettevo i ceppi", e il gestore dell'impianto "mi diceva 'arrangiati'". "In 20 giorni ho chiesto 3 volte assistenza", ha spiegato Tadini parlando delle anomalie ai freni. "E ho detto a Perocchio che se non si risolveva non poteva andare avanti col servizio".