Mercoledì 24 Aprile 2024

Funivia Mottarone, caso scarcerazioni. Scintille tra toghe rosa

La gip ridimensiona le accuse della procuratrice contro i tre fermati "Ringraziate che il sistema funzioni così, l’Italia è garantista e democratica"

Il gip Donatella Banci Buonamici

Il gip Donatella Banci Buonamici

Il giorno e la notte, Olimpia Bossi e Donatella Banci Buonamici, nell’ordine procuratore e giudice per le indagini preliminari di Verbania. Punto di scontro: l’inchiesta sul cedimento del cavo traente della funivia che collega Stresa al Mottarone, l’incidente che domenica 23 maggio ha provocato la morte di 14 persone. Nei giorni precedenti alle udienze di convalida dei fermi di Luigi Nerini, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, tenutesi sabato, il procuratore capo aveva detto e scritto che il clamore mediatico e l’allarme sociale sollevatisi intorno alla vicenda avrebbero dovuto sconsigliare la scarcerazione dei tre. Anzi, secondo il procuratore proprio la volontà di evitare tale clamore avrebbe potuto incoraggiare i tre alla fuga. Come è finita lo si sa: Nerini, proprietario della società di gestione dell’impianto, e Perocchio, direttore d’esercizio, sono stati scarcerati, mentre Tadini, capo operativo, è finito ai domiciliari.

Una decisione che Olimpia Bossi ha dato segno di non aver gradito: "Tadini – ha commentato sabato sera – non è stato ritenuto credibile dal gip". La decisione del gip, infatti, oltre a far lievitare il clamore mediatico intorno alla vicenda, ha di fatto smontato due assunti dell’inchiesta: che i tre avessero condiviso la scelta di lasciare inseriti i forchettoni anche a funivia in funzione e che tale scelta fosse stata fatta per non interrompere il servizio e non perdere incassi. Ieri, fuori dal tribunale di Verbania, è stato lo stesso gip a parlare. Parole che hanno accentuato la differenza di sensibilità tra le due, al di là dell’ovvia differenza di ruoli: "Dovreste ringraziare che il sistema è così – dice Banci Buonamici rivolta ai cronisti a proposito delle scarcerazioni –, dovete essere felici di vivere in uno Stato in cui il sistema fa giustizia o è una garanzia. E invece sembra che non siate felici, l’Italia è un paese democratico".

Non è finita: "Io – aggiunge la gip – ho osservato che non esisteva il pericolo di fuga e non ho ritenuto per due persone la sussistenza dei gravi indizi non perché non abbia creduto a uno (cioè a Tadini come detto dal procuratore Bossi ndr), ma ho ritenuto non riscontrata la chiamata in correità, che deve essere dettagliata. Questa non lo era ed anzi era smentita da altre risultanze". Quanto alle indagini, bisognerà rimuovere la cabina dalla scarpata in cui giace accartocciata da domenica 23 maggio per capire perché il cavo traente abbia ceduto.

A chiederne la rimozione è stato Giorgio Chiandussi, consulente della procura, nel corso dell’incontro di ieri con gli inquirenti. La rimozione avverrà la settimana prossima, lunedì si terrà un sopralluogo sul Mottarone per decidere come procedere. Il consulente intende analizzare la parte alta della cabina. Per gli accertamenti irripetibili gli inquirenti potrebbero dover notificare nuove informazioni di garanzia. La schiera degli indagati potrebbe quindi estendersi a manutentori ed altri operatori della funivia. "Per ora tutte le ipotesi sul cavo restano aperte" spiega il comandante provinciale dei carabinieri di Verbania, il colonnello Alberto Cicognani. In piedi anche l’ipotesi che siano stati ripetuti cali di pressione e tensione a provocare il cedimento. Da qui il fatto che il cavo è sfilacciato in più punti.