Martedì 23 Aprile 2024

Frate Mitra, l’infiltrato che incastrò i capi Br

Morto a 83 anni Silvano Girotto. Da missionario a guerrigliero in Sud America, tornato in Italia collaborò all’arresto di Curcio e Franceschini

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di Riccardo Jannello

Il saio e la lotta armata, la guerriglia nelle foreste boliviane e in Cile e poi il pentimento che portò all’arresto dei capi delle Br. Frate Mitra è morto ieri a Torino per un male incurabile accanto alla moglie boliviana. Avrebbe compiuto 83 anni domenica. All’anagrafe era Silvano Girotto, come frate francescano Padre Leone, ma la sua capacità nell’uso delle armi appreso nella Legione Straniera francese – con la quale ha combattuto in Algeria – e poi nella guerriglia estremista sudamericana lo hanno fatto passare alla storia appunto come Frate Mitra.

Figlio di un carabiniere, ebbe un’infanzia turbolenta; al ritorno dalla Francia finì in carcere a Torino dove ebbe la folgorazione: la conversione e l’ingresso, il 10 ottobre 1963, nell’Ordine francescano del quale condivideva la voglia di salvare i reietti della società.

Il 29 giugno 1969 viene ordinato sacerdote. A fianco degli operai, si guadagna la fama di "prete rosso" tanto che il vescovo di Novara gli toglie il permesso di predicare. Come reazione, Girotto chiede di essere mandato come missionario in Bolivia e lì conosce la guerriglia. Nel 1971 combatte il golpe militare del colonnello Hugo Banzer Suarez. Viene ferito ed entra in clandestinità. Si sposta poi in Cile e nel 1973 lotta contro il golpe di Pinochet. Nuovamente ferito dai militari, si rifugia nell’ambasciata italiana e a fine novembre viene rimpatriato. Nel frattempo l’Ordine francescano lo espelle. Al ritorno in Italia, e dopo una lunga riflessione personale, accetta di collaborare con il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa per stanare i capi delle Brigate Rosse che conoscono i suoi meriti nella lotta proletaria in Sudamerica. "Non è stato facile per me agire in quel modo – disse nel 1975 –. Ho riflettuto con sensibilità cristiana che mi fa vedere con chiarezza assoluta l’iniziativa della lotta armata nel contesto italiano attuale come un’avventura tragica e senza sbocchi. Io non sono concettualmente contrario alla lotta armata, ma lo sono quando essa non è necessaria".

Dopo una serie di incontri fatti per conoscersi attira in trappola Renato Curcio e Alberto Franceschini, che si fidano di quel "religioso comunista" infiltrato. I due vengono arrestati a Pinerolo nel settembre 1974. "Dalla Chiesa intervenne – ricorda l’ex procuratore di Torino, Giancarlo Caselli – perché a quel punto Girotto avrebbe dovuto compiere dei delitti e il generale non poteva permetterlo". Il magistrato ricorda la testimonianza in aula di Frate Mitra contro i brigatisti: "Loro rimasero sbigottiti ascoltando le sue accuse e la ricostruzione dei fatti". Girotto sosteneva che la lotta armata in Italia non aveva senso, "ma se tornassi in America latina riprenderei il mitra".