Giovedì 18 Aprile 2024

Frase razzista in campo: così Ibra fa autogol Ora rischia il cartellino rosso per Sanremo

Il milanista protagonista della rissa con il belga Lukaku dell’Inter, insulti e minacce reciproche durante il derby di Coppa Italia. Poi si scusa: "Nel mio mondo non c’è posto per l’odio, siamo tutti uguali". Ma scoppia la grana Festival: c’è chi non lo vuole più

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di Leo

Turrini

Alla fine, una cosa intelligente Ibra l’ha detto. Meglio, l’ha scritta. Via social. "Nel mondo di Zlatan – ha fatto sapere l’attaccante del Milan – non c’è posto per il razzismo. Siamo tutti della stessa razza, siamo tutti uguali!! Siamo tutti giocatori, alcuni meglio di altri". Il tutto accompagnato da un video al miele, un bimbo nero e un bimbo bianco che si fanno compagnia.

Oddio, qui ci sta di affermare subito l’ovvio: lo svedese avrebbe potuto e dovuto ricordare tali nobili convinzioni mentre dialogava (eufemismo) con il rivale interista Lukaku, nel corso di un arroventato derby (tra parentesi: per chi ne ignorasse l’esito, ha vinto il secondo, con l’involontaria complicità del primo, incappato in una evitabilissima espulsione). Ibra: "Vai a fare i riti voodoo con tua madre". Lukaku: "Vogliamo parlare di tua madre? È una putt...". Ancora il belga: "Ti sparo in testa".

La scena, sguaiata e becera, ha riempito giornali, televisioni, web. In Italia e nel mondo. Scatenando anche un convulso dibattito sulla partecipazione dell’asso rossonero al prossimo Festival di Sanremo. Per la serie: siamo in Italia, dalla crisi di governo alla pandemia sempre deve finire in caciara.

Inevitabile? Probabilmente sì, per la notorietà dei personaggi coinvolti, due eccellenti interpreti del football moderno. Sicuramente sì, perché nel conflitto verbale si intuiva lo scivolamento nell’area della discriminazione, del dileggio figlio di un pregiudizio, quello del colore diverso della pelle.

Cose di campo, mormorano alcuni: non è la prima volta che il nervosismo estrae il peggio da uomini di sport, uomini che, proprio perché si riconoscono nei valori della competizione sana e pulita (almeno a chiacchiere), beh, dovrebbero essere lontanissimi dall’astio, dalla mancanza di rispetto per le differenze.

In sintesi. L’Ibrahimovic che qui piace continuare a considerare autentico è quello che offrì il suo volto, bianchissimo!, a una storica campagna della Uefa, l’ente che governa il calcio europeo, contro il razzismo in campo e sugli spalti. L’Ibra che vorremmo sempre apprezzare è quello che ha vinto scudetti e coppe insieme a nerissimi compagni come Vieira e Maicon. Non quello di una notte imbarazzante. Per lui. E già che c’è, magari la smetta di parlare di se stesso in terza persona o di scomodare immagini gladiatorie: Zlatan è bravissimo, è un fenomeno, che bisogno ha di rammentarlo sistematicamente al prossimo? Boh: mai visto Schumacher o Kobe Bryant o Messi esprimersi in modo simile. Un analista avrebbe qualcosa da dire, in merito.

Sanremo, adesso. Amadeus, che pure è interista, aveva annunciato la presenza del milanista, in qualità di ospite d’onore, al Festival. Tutte le sere. Affari loro e della Rai. Fino al derby degli schiamazzi. Che ha generato indignazione diffusa. Il Codacons non vuole Ibra sul palco. La tv di Stato non deve spendere soldi pubblici per uno così. E bla bla bla.

Ora, basterebbe qui ricordare che la Rai portò a Sanremo persino Mike Tyson, non esattamente uno stinco di santo. E semmai sarebbe il caso di chiedersi, non da oggi, che rapporto ci sia tra canzonette e bomber o pugili o Vip in transito. Ma questa è una banalità, per carità.

Facciamo così. Ibra vada a Sanremo, se proprio lui e Amadeus ci tengono. Dica e canti che lui razzista non è stato e non sarà mai. E, già che c’è, faccia i complimenti a Lukaku.

Che ha vinto il derby, eh.