Martedì 23 Aprile 2024

Le colline del Prosecco patrimonio Unesco. Galifi: "Queste nostre terre, un’opera d’arte"

Il fotografo che ha convinto i giudici: i primi scatti nel ’98, ci ho sempre creduto

Francesco Galifi

Francesco Galifi

Roma, 8 luglio 2019 - Le 'sue' colline del Prosecco sono diventate patrimonio dell'Umanità. E le sue foto hanno arricchito il dossier che ha convinto l’Unesco. Che effetto le fa? "È incredibile – risponde il fotografo Francesco Galifi –. Ho iniziato a immortalare le colline nel 1998 e pensavo che fossero sottovalutate, la loro bellezza non veniva presa in considerazione. Su questo ho puntato la mia carriera. All’epoca il Prosecco non era un fenomeno come adesso. Tutto ciò mi fa sorridere: l’avevo intuito tanti anni fa e ora il successo si concretizza. Questo exploit è fondamentale per la salvaguardia delle colline: ora tocca ai custodi dei territori portare avanti il patrimonio (su questo tema pubblicherà a fine anno un libro con la collega Giulia Bottega, ndr)".  

Un’opera d’arte come le alture di Valdobbiadene e Conegliano si fotografa da sola o ha trovato difficoltà per fare uscire l’anima di quei paesaggi? "È stato estremamente difficile. Per alcune inquadrature ho impiegato anche 4 anni per cristallizzarle in fotografie. Le colline sono una ragione di vita per me, mentre per molti è solo business. Io amo questi luoghi, ecco il mio segreto".  

Niente Photoshop, vero? "No, è una leggenda. Io ho fotografato con diapositive per 15 anni e all’inizio ho vinto tante scommesse. La gente non credeva che una foto potesse essere naturale con quei colori incredibili, invece è così. Io non realizzo immagini ordinarie".  

Il Made in Italy a tavola è ancora al top nel mondo, ma promuovete bene il territorio del Prosecco e lo stesso vino? "Sono stati fatti passi avanti importanti e il turista qui torna. I consorzi investono molto".  

Lei, essendo nato a Conegliano, avrà un rapporto speciale con quel vino. "Ho bevuto tanto come tutti qui, poi a un certo punto il vino mi è andato di traverso e non lo tocco da tantissimi anni. Ma è un delitto che devo superare. Il mio amico medico mi ha detto che l’allergia al vino non esiste".  

Lei è nato 51 anni fa, quando nel territorio sorgeva la prima strada italiana dedicata al vino: come è cambiato in mezzo secolo il Prosecco? "Se si confrontano foto del 2003 con quelle attuali sembrano due Paesi diversi: ora la presenza dei vigneti è un unicum. Prima c’era una tradizione diversa, con un’economica rurale che ruotava attorno alla fattoria del contadino. Il vino era un parte del tutto, adesso è il tutto".  

Molti sostengono che il Franciacorta sia di gran lunga migliore e snobbano il vostro "vino popolare". "Solo il tempo potrà dire chi ha ragione. Sono due realtà che hanno passati differenti. Il Prosecco è troppo più recente, ma sta crescendo alla grande".  

Qual è l’atmosfera migliore per godersi un calice di Prosecco? "La mia foto ideale? Nei belvederi delle colline, a quota 300 metri, verso l’ora dell’aperitivo. E sul tavolo salumi e formaggi".  

Gli ambientalisti criticano le viticolture intensive e l’uso di pesticidi nei vostri territori: dicono che il terreno si erode e si contribuisce al riscaldamento globale. C’è qualcosa da correggere? "C’è preoccupazione, in effetti. Ma non sono un tecnico e non posso dare giudizi. L’atmosfera in tema di coltivazioni qui è elettrica: le parti devono sedersi a un tavolo per trovare una soluzione".  

Gli inglesi sono i maggiori esportatori di Prosecco nel mondo, ma si lamentano anche che l’acidità delle bollicine del Trevigiano rovina i denti (è recente un lungo articolo del Guardian). Il premio dell’Unesco è la vostra vendetta perfetta? "Sono accuse ridicole".  

Il cambio climatico mette a rischio il Prosecco? "Non solo il Prosecco, ma tutta la Terra".