Fragili caregiver L’ultimo sfregio al vocabolario

Massimo

Donelli

Basta. Non voglio più sentir dire "fragile". Era un aggettivo scarsamente utilizzato. Ridotto al rango di etichetta, diciamo. Oggi se ne abusa. Per indicare gli anziani, gli afflitti da più patologie e perfino gli adolescenti in Dad. Poi ci sono i "resilienti". Anzi, c’è addirittura il Piano nazionale di ripresa e resilienza con tanto di acronimo pernacchia (PNRR). Resilienza, ovvero (cito la Treccani) nella tecnologia dei materiali, la resistenza a rottura dinamica, determinata con apposita prova d’urto; in ecologia, la velocità con cui una comunità ritorna al suo stato iniziale, dopo essere stata sottoposta a una perturbazione; in psicologia, la capacità di reagire a traumi e difficoltà, recuperando l’equilibrio psicologico. I nostri nonni hanno fatto la Resistenza, ai nipoti racconteremo che abbiamo fatto la Resilienza? Non credo. Perché mi pare una parola di moda. E, quindi, passerà. Del resto, vi è capitato di sentir dire da qualcuno "Nella misura in cui…" oppure "Al limite…"?

Nel ’68 e dintorni erano dentro qualunque chiacchiera. Oggi sono scomparsi. Imperano, invece, gli orrendi "quello che è" e "quelli che sono", accrocchi verbali da conduttore radiofonico sottoalfabetizzato con lessico, se va bene, da 150 parole, non una di più. Imperano e dilagano, infettando finanche le tesi universitarie. Scritte da giovanotti e signorine rimbambiti da "amo", "raga", "bella zio", "ci becchiamo", "bro", "sei un grande", "ma sei fuori" e via poverando. Fino all’inaccettabile "caregiver" per indicare chi fa ciò che ogni figlio adulto dovrebbe fare, ossia occuparsi dei genitori. Tutto questo scempio dell’italiano avviene proprio mentre celebriamo i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, padre della nostra meravigliosa lingua. Fosse vivo, c’è da scommetterlo, il sommo poeta farebbe un’appendice alla Commedia. E aggiungerebbe un girone infernale: quello dei distruttori di vocabolario…