Giovedì 18 Aprile 2024

Fontana indagato per il conto in Svizzera

Caso camici, accusa di autoriciclaggio al governatore della Lombardia: chiesta rogatoria per far luce sui 5,3 milioni depositati oltre confine

Migration

di Mario Consani

Tutta colpa del bonifico. È partito tutto da quell’idea di "risarcire" con 250mila euro di tasca propria il cognato costretto (per evidenti ragioni politiche) a trasformare in donazione una vendita alla Regione di camici antivirus prodotti dalla sua azienda. Da lì, per il presidente della Lombardia Attilio Fontana è stato un susseguirsi di fastidi giudiziari fino a ieri, quando la Procura ha fatto sapere ufficialmente, con una nota firmata dal capo Francesco Greco, di aver indirizzato una richiesta di rogatoria alla Svizzera per saperne di più sul conto corrente gestito da Fontana su una banca di Lugano, quello dal quale era partito per l’appunto il famoso bonifico da 250mila euro diretto al cognato Andrea Dini, fra l’altro bloccato dai controlli dell’ufficio antiriciclaggio di Bankitalia.

Nel frattempo, il numero uno di Palazzo Lombardia già indagato per frode in pubbliche forniture a proposito della consegna dei camici alla Regione mai completata dalla Dama spa del cognato, ora lo è anche per autoriciclaggio e false dichiarazioni rese al momento della "Voluntary disclosure". In pratica avrebbe "ripulito" lui stesso il denaro su cui - secondo l’accusa - potrebbe aver raccontato qualche bugia al momento della "emersione". Perché quei 5,3 milioni di euro che si trovano nel conto elvetico, stando alla versione di Fontana, sono frutto della sola eredità della madre a lungo conservata in un paradiso fiscale, poi traslocata in Svizzera e lì regolarizzata grazie allo ”scudo” offerto da apposita legge italiana del 2015.

Gli inquirenti, però, sospettano che Fontana non abbia detto tutta la verità al momento di regolarizzare i risparmi di mamma e che su quel conto svizzero ci sia anche altro. Per questo hanno chiesto aiuto ai loro colleghi elvetici, con "una richiesta di commissione rogatoriale al fine di completare la documentazione allegata alla domanda di voluntary disclosure presentata dall’avvocato Attilio Fontana, avendo ravvisato la necessità di approfondire alcuni movimenti finanziari", come spiega la nota del procuratore Greco.

"Il comunicato dà anche conto della volontà del presidente Fontana di non lasciare ombra alcuna in ordine alla procedura della voluntary, su cui i magistrati intendono fare chiarezza definitiva" replicano i suoi avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa. Però con l’analisi dei documenti dell’Agenzia delle entrate sulla “disclosure“ con cui Fontana regolarizzò i denari, e chiedendo altre annotazioni alla stessa Agenzia, gli investigatori hanno rilevato delle movimentazioni finanziarie sospette, cioè flussi poco chiari e dei quali mancherebbero le pezze d’appoggio nel fascicolo agli atti. Sotto osservazione, in particolare, ci sarebbe il 2005, anno in cui il patrimonio su quel conto è passato da 2,5 a 4,3 milioni di euro. Un incremento ritenuto anomalo, ma che per la difesa sarebbe effetto di un errore contabile.

Con la rogatoria trasmessa ieri, gli inquirenti chiedono documentazione su due “relazioni“, ossia su due conti (uno poi chiuso). La somma infatti, prima dell’adesione alla “voluntary“, era gestita da conti associati a due trust alle Bahamas. La Procura vuole accertare se tutto l’importo sia frutto dell’eredità lasciata dalla madre di Fontana o se abbia anche altra origine. Per questo i suoi legali hanno già incontrato il procuratore Greco disposti a fornire tutti i chiarimenti e le carte necessarie. E lo stesso presidente della Lombardia è pronto anche a farsi interrogare.