Mercoledì 24 Aprile 2024

Flop di Johnson Ma ha vinto la democrazia

Cesare

De Carlo

Clown o re Lear? Un po’ l’uno e un po’ l’altro. Ma questo lo si sapeva. Boris Johnson non è cambiato in tre anni a Downing Street. Grossolano, grottesco, protervo, così poco british da sembrare la reincarnazione dei meno nobili personaggi shakespeariani. Il punto è un altro: alla sua sconfitta nel disonore corrisponde la vittoria di quella democrazia che il grande Winston Churchill una volta definì "la peggiore forma di governo ad eccezione di tutte le altre sperimentate sinora". E in effetti solo in una solida democrazia quale quella del Regno Unito, patria del parlamentarismo, è biologicamente possibile mantenere una crisi politica nell’ambito della cronaca e non degli eventi epocali. Non è epocale ma naturale l’avvicendamento dei governi. Concetto elementare.

Ma quanti di noi oggi se ne ricordano, scoraggiati dall’instabilità che fa da cornice alla guerra, alla pandemia, all’inflazione? Dovremmo invece esserne orgogliosi. Nel senso che se è vero che le nostre democrazie hanno il fiato corto, è anche vero che siamo dalla parte giusta della storia. Oggi più che mai – ammonisce Human Rights Watch – è importante affidarsi a leader "determinati e coraggiosi". Leader in grado di difendere i valori sotto assedio da parte di autocrazie, teocrazie, ideologie illiberali. Non mi riferisco solo alla Russia, che tutto sommato è un grande deposito di carburante senza un’economia (McCain). Mi riferisco all’economia più espansiva del mondo, alla Cina comunista. Ebbene Putin e Xi irridono al caso Johnson. Irridono alla nostra pretesa di chiamarlo a rispondere dei suoi errori. E ancora di più a alternanze di potere sottoposte nel nostro Occidente alla verifica della volontà popolare. I conservatori inglesi erano certi di non poterla riconquistare. Hanno costretto Johnson a prenderne atto. Così funziona una democrazia con buona pace dei tiranni. ([email protected])