Martedì 23 Aprile 2024

Fisco in tilt, l’incubo 53 milioni di cartelle

Scade domenica la moratoria, allo studio del Mef un nuovo slittamento per almeno un mese. L’ipotesi di diluire i pagamenti in due anni

Nelle ultime settimane si sono viste numerose manifestazioni davanti alle sedi dell’Agenzi

Nelle ultime settimane si sono viste numerose manifestazioni davanti alle sedi dell’Agenzi

Corsa contro il tempo per evitare che una montagna di cartelle esattoriali e di atti tributari (per oltre 53 milioni di lettere, praticamente una a testa per ogni italiano) si abbatta su imprese e famiglie. L’ultima moratoria, inserita nel decreto Milleproroghe (oggetto in queste ore del primo voto di fiducia del governo Draghi), scade il 28 febbraio.

E, dunque, dal primo marzo dovrebbe scattare la raffica di invii in massa. Ma, come rassicurano fonti ben informate del ministero dell’Economia, il prossimo decreto Ristori (in programma per i primi giorni della prossima settimana) dovrebbe contemplare un nuovo slittamento delle scadenze proprio per le cartelle esattoriali. Il rinvio dovrebbe essere di almeno un mese: e in questo periodo l’obiettivo è quello di mettere in campo una soluzione più strutturale e complessiva.

In questo senso, il viceministro Laura Castelli, confermata al dicastero di Via XX Settembre, ha sottolineato come siano in cantiere più soluzioni non episodiche. In ballo molteplici ipotesi, a cominciare da quella che prevede una diluizione dei pagamenti in due anni.

E, d’altra parte, in più occasioni il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, ha rilanciato l’allarme sul cosiddetto "magazzino" della riscossione, su quel Moloch di cartelle tributarie non pagate negli ultimi venti anni che ha raggiunto la stratosferica cifra di mille miliardi di euro. Una montagna di debiti fiscali e non (dalle multe a salire) di cittadini e imprese che l’Erario, per le più svariate ragioni, non è riuscito a riscuotere e che difficilmente riuscirà a incassare in futuro.

"Una rilevante parte di questo magazzino non è più riscuotibile – spiega Ruffini – perché si riferisce a soggetti falliti, deceduti, nullatenenti e altro. E dunque siamo in presenza di un magazzino principalmente costituito da atti le cui aspettative di riscossione sono assai remote". Non solo, questa sorta di deposito è anche dannoso perché, costringendo l’Agenzia delle Entrate-Riscossione a "ripetere azioni che non hanno la possibilità di sortire alcun effetto, impedisce l’efficienza e il buon funzionamento dell’azione amministrativa" non permettendo al fisco di concentrarsi su crediti più recenti e con più probabilità di essere riscossi.

Il nodo delle cartelle e quello del "magazzino", d’altra parte, sono solo due dei dossier fiscali più urgenti all’attenzione del governo. La tempesta fiscale perfetta, infatti, sta per abbattersi sulle partite Iva. Fino al 30 aprile il conto arretrato del 2020 da pagare all’erario tra Iva, ritenute, imposte sui redditi, acconti ma anche contributi ammonta a 6,8 miliardi di euro.

A mettere in fila gli effetti delle sospensioni concesse dal governo Conte con cinque diversi decreti anti-crisi (dal decreto Agosto ai quattro decreti Ristori) è l’Osservatorio conti pubblici italiani (Ocpi) dell’università Cattolica diretto da Carlo Cottarelli. Un conto che, naturalmente, diventa ancora più esoso con i versamenti ordinari mensili delle partite Iva. Perché, nonostante aperture e chiusure a singhiozzo tra zone gialle, arancioni e rosse nel 2021, imprese, autonomi e liberi professionisti sono chiamati a rispettare gli appuntamenti tradizionali con il calendario fiscale che al momento non sono stati sospesi.