
Floriana Frosali con la figlia Donella (foto Moggi/New Pressphoto)
Firenze, 27 dicembre 2014 - "Mi sono sentita chiamare, ‘maestra!’, e dopo settant’anni mi sono pure girata. E’ stato come un regalo di Natale: ho ritrovato per caso uno dei miei bambini di scuola".
Floriana Frosali è un bellissima signora di 88 anni (portati alla grande) di San Gimignano che da molto tempo vive a Firenze. E’ stata una delle poche, pochissime maestre che negli anni del dopoguerra hanno contribuito all’alfabetizzazione dei bambini: "Per toglierli dalla strada", dice in un sospiro.
Maestra quasi suo malgrado: "Mica avevo studiato da maestra, non avevo neppure il diploma. Ma ho iniziato a lavorare a 15 anni, affiancando quella di ottant’anni che dopo due anni morì». C’era una volta una vita diversa, dove la società era diversa, dove tutto era diverso: scuola compresa. E in questo luogo del tempo, nel 1948, c’era Floriana Frosali che faceva la maestra senza esserlo e che ha insegnato a leggere, scrivere e recitare poesie ai bambini di quel tempo. "Avevo aperto la mia casa per fare una scuola. La mattina c’erano i bambini più piccoli, la sera i più grandi che facevano i compiti. Io li bacchettavo, qualcuno imparava subito a leggere, altri più tardi, ma erano così belli e intelligenti. Seguivo il metodo Montessori: a come albero, la i col puntino, la e col pancione. C’era la forza delle figure".
L’attenzione scompone il tempo in tanti singoli momenti: "Il mio babbo faceva il postino e portava quello che si chiamava ‘il giornale di aggiornamento’ per le maestre di campagna che stavano lontane, io lo leggevo prima di loro per informarmi e poter insegnare meglio. A San Gimignano avevo la casa vicino alla piazza, la stanza dove si faceva lezione era grande. Prendevo ragazzi di tutti i tipi, i miei bambini erano una ventina tutti insieme, di diverse età e misti, i maschi con le femmine. Ognuno aveva la sua seggiolina e stava lì a sedere, fermo e attento. Non era come oggi che sono divisi in classi. I miei tutti col grembiule e la goletta".
Per Floriana Frosali non è stata l’ambizione l’antidoto all’immobilità: "Insegnare per me è stata una cosa bellissima. Mi facevo da sola lo stipendio, sette centesimi: me li davano le mamme che portavano i bambini per l’orario pieno: dalle 9 a mezzogiorno e dalle due alle quattro. Era bello scrivere insieme poesie, giochi e fare girotondi, nel 1948 nel 1949 non c’era nulla. Si stava bene nella mia stanza-scuola. E non si prendevano i pidocchi".
Può capitare che sotto Natale qualcuno la saluti e ricordi con amore questa maestra che gli ha insegnato l’alfabeto, a leggere e scrivere. E tolto con la mente dagli orrori della guerra.
Titti Giuliani Foti