Fioroni: "L’antirenzismo non serve ai dem. Con Enrico Letta saremo protagonisti"

Beppe Fioroni, tra i fondatori Pd: "Letta definirà meglio il nostro profilo. Ma non tiriamolo per la giacchetta"

Le primarie Pd 2007

Le primarie Pd 2007

Beppe Fioroni è uno di quelli che non se ne è mai andato. Ogni tanto gli amici lo prendono in giro per la propensione molto democristiana, a fin di bene, di far combaciare la realtà con i desideri a volte suoi a volte degli altri, ma oltre gli scherzi Fioroni resta una delle menti più lucide ancora in circolazione tra ciò che resta dei 44 fondatori del Pd. Ex colonna della sinistra Dc, è un popolare doc, e per questo uno dei più ascoltati da tutti gli attuali leader Pd, specie tra quelli di Base riformista, per la vulgata gli "ex renziani".

"Sei-sette anni fa a parte me e la Bindi erano tutti renziani".

Anche molti di quelli che adesso sono fanatici antirenziani.

"Quando la diversità viene agitata come strumento di lotta politica è solo un modo gentile di condurti fuori".

Ha paura per Renzi o gli ex renziani?

"Ho paura per il Pd. Se il dibattito è la ricerca di un capro espiatorio si perde la specificità e la ricchezza che la nostra comunità può offrire".

La ricerca del nemico è un modo di ragionare tipico della sinistra. Hanno sempre avuto bisogno di un nemico: Craxi, Berlusconi, ora Renzi...

"La categoria dell’antirenzismo mi fa un po’ ridere. È un modo di ragionare che non porta da nessuna parte. Ti devi qualificare per quello che sei, non per il tuo avversario. La gente capisce solo che sei contro qualcuno, ma è un calcolo miope".

Come se ne esce?

"Ripartiamo dal Veltroni del 2008: nessun anti, nè a sinistra né a destra".

Il problema del Pd pare appunto avere delle idee e proporle al Paese.

"È il motivo per cui si riparte da Enrico Letta. Perché il Pd deve avere la forza di definirsi meglio di come ha fatto finora".

Da ex Dc, che cosa vede di democristiano in Enrico Letta?

"Enrico ha moderazione nei modi e nel confronto, è radicale nelle proprie convinzioni e determinato negli obiettivi da raggiungere".

Che cosa può dare Letta al Pd?

"Tre cose: una presenza da protagonisti nel governo Draghi, l’ambizione di una vocazione maggioritaria che non ci faccia sentire secondi a nessuno, la capacità di ascolto di tutte le componenti".

Letta è un riformatore, uno che viene dal vostro mondo. A questo punto la corrente riformista nel Pd pare inutile. Fate lui capocorrente è buonanotte.

"Il segretario deve stare al di sopra di tutti. Ascoltare tutti e poi fare la sintesi. In quest’ottica il contributo della componente dei cattolici democratici o dei liberaldemocratici è imprescindibile".

Il correntismo è additato come il male del Pd: da ex Dc si sente sotto accusa?

"Quando nel Pd qualcuno si lamenta delle correnti è perché vuole sciogliere quelle degli altri e tenersi la propria. La realtà è che le correnti se sono solo strumento di gestione di potere non hanno un senso, se invece esprimono riferimenti culturali e politici rappresentano una risorsa".

Ora tutti nel Pd stanno tirando per la giacchetta Letta. Tutti lettiani da sempre.

"Temo i falsi unanimismi, non è quello di cui abbiamo bisogno. Sono scorciatoie farisaiche. Vedo questa corsa alla raccolta delle firme per lui. Un po’ comica".

Ieri l’ultimo sondaggio dava il Pd al 16,6 per cento. In fondo un motivo di sollievo: peggio di così è difficile fare.

"Ogni sondaggio, come ogni giorno, porta la sua pena. Certo, se il dibattito interno si fossilizza sul Conte si-Conte no, e poi Conte ha scelto di fare il leader di un altro partito in qualche modo paghi".

Anche Zingaretti ci ha messo del suo: se il segretario lascia dicendo di vergognarsi del suo partito, l’elettore non ci resta bene...

"Rispetto la sua scelta, non esprimo giudizi personali. Le dimissioni sono sempre un fatto traumatico".

Usciamo dal politichese: il Pd è riformabile?

"Ma certo che è riformabile. Basta ritrovare un po’ della passione politica e della razionalità degli inizi e ce la facciamo".