Mercoledì 24 Aprile 2024

Suicidio assistito, ora decide la Consulta

Da oggi si discute la depenalizzazione dopo l'impasse del Parlamento. No dei vescovi

Piergiorgio Welby, morto nel 2006: chiese che gli venissero interrotte le cure (Ansa)

Piergiorgio Welby, morto nel 2006: chiese che gli venissero interrotte le cure (Ansa)

Roma, 24 settembre 2019 - Il Parlamento è rimasto fermo e ora toccherà di nuovo alla Consulta ridiscutere del caso dj Fabo. Si comincia oggi, la decisione è attesa per domani. Forse. Su tavolo il fine vita, il labile confine tra suicidio assistito ed eutanasia e i suoi ricaschi, su cui la politica non trova linea comune nonostante la stessa Corte costituzionale avesse dato tempo fino al 24 settembre – oggi, appunto – per approvare una normativa su un tema su cui c’è un vulnus legislativo importante. Ora, però, il tempo è scaduto, anche se la politica e le gerarchie cattoliche, ne vorrebbero altro. E una soluzione va trovata. Nonostante le pressioni dei fronti opposti. Che sono – e continuano ad essere – molto forti, come ha denunciato anche il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato: «Ci sono state tante e forti pressioni per un rinvio, spero che la Corte arrivi a una decisione», ha commentato. Pressioni quasi alla luce del sole. Prima si è mossa la Cei che con il suo vicepresidente, monsignor Mario Meini, ha ricordato anche ieri le parole di papa Francesco, per ribadire «che ‘si puo’ e si deve respingere la tentazione di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’ eutanasia’». Poi è arrivata la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, che nei giorni scorsi ha chiamato personalmente il presidente della Consulta, Giorgio Lattanzi, per «aggiornarlo» sullo stato dei disegni di legge presenti in Senato (3, altri 4 sono alla Camera). Un fatto di per sé irrilevante visto che il Parlamento ha deciso di fermarsi una volta che che le commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera, dopo una discussione durata tre mesi, hanno dato lo stop il 31 luglio; impossibile trovare un accordo tra le forze politiche. Di contro, però, si è mossa la Consulta di Bioetica, che ha invitato i giudici a non cedere alle sollecitazioni, arrivate anche dal mondo della politica, rinviando la decisione con ulteriore, inutile, tempo al Parlamento inconcludente. Eppure, i giudici avevano comunque indicato una via, definendo «costituzionalmente incompatibile», per alcuni suoi effetti, l’articolo 580 del Codice penale che parla di aiuto al suicidio. Quell’articolo, non a caso, che ha consentito l’incriminazione di Marco Cappato, che il 17 febbraio del 2017 accompagnò in Svizzera Fabio Antoniani, dj Fabo, cieco e tetraplegico, deciso a porre fine ai suoi giorni. E nel processo che ne è seguito, il 14 febbraio 2018, è stata la Corte d’Assise di Milano a chiedere l’intervento della Consulta. Insomma, la giustizia ha chiesto al legislatore di assumersi la responsabilità politica di una scelta che ora, invece, toccherà alla Corte costituzionale. Sui cui tempi di decisione non ci sono certezze. Due le ipotesi sul tappeto; la Corte potrebbe colmare le lacune legislative con una sentenza additiva (di fatto esercitando una supplenza rispetto al legislatore ’inadempiente’) oppure concedere ancora più tempo al Parlamento.

Il mondo cattolico ed il centrodestra politico fanno il tifo per questa seconda ipotesi, mentre i 5 stelle sono da sempre schierati a favore non soltanto del suicidio assistito ma anche dell’eutanasia. La posizione ufficiale del Pd, poi, è più orientata all’ipotesi di depenalizzazione del suicidio assistito in alcuni casi specifici. Anche Leu si trova su posizioni più liberali, ma al suo interno non manca chi nutre perplessità. Ma nel caso in cui la Corte dovesse decidere, sarà poi il Parlamento a doversi ’piegare’ a quel dettame. Pena l’incostituzionalità – per paradosso – anche della ’nuova’, ipotetica, norma.