Mercoledì 24 Aprile 2024

Fine di un’era: Davigo fuori dal Csm "Scelta dolorosa, ma è la legge"

Il magistrato oggi compie 70 anni, l’età massima per restare in servizio. Potrebbe fare ricorso. Il Consiglio si divide: per l’estromissione decisivi i voti dei vertici della Cassazione e di Ermini

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di Ettore Maria Colombo

Piercamillo Davigo deve lasciare il Csm: è questa la decisione presa ieri pomeriggio dal plenum dell’organo di autogoverno dei magistrati italiani. Il voto del Csm è la conseguenza del pensionamento dell’ex pm del pool Mani Pulite ed ex presidente dell’Anm che oggi compirà 70 anni, l’età massima per un magistrato per rimanere in servizio. Pur spaccata – con 13 voti a favore, sei contrari e cinque astensioni – l’assemblea plenaria di Palazzo dei Marescialli ha approvato alla fine la proposta della Commissione verifica titoli, secondo la quale, sulla base di un parere redatto dall’Avvocatura generale dello Stato, un magistrato in pensione, non facendo più parte dell’ordine giudiziario, non è legittimato a restare consigliere del Csm.

Una decisione, questa, contro cui Davigo – che ieri non ha partecipato alla riunione – potrebbe ora ricorrere davanti ai giudici amministrativi. Intanto, a subentrargli in Consiglio, come prevede la delibera approvata, sarà Carmelo Celentano, togato della corrente di Unicost, primo tra i non eletti alle elezioni del luglio 2018.

"La Costituzione ci impone di rinunciare all’apporto che Piercamillo Davigo, magistrato eccezionale, potrebbe ancora dare al Consiglio superiore della magistratura", ha detto durante il plenum, con tono accorato, il vicepresidente del Csm, David Ermini, preannunciando il voto a favore della decadenza, condiviso anche dagli altri due membri del Comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli, il primo presidente e il procuratore generale della Cassazione, Pietro Curzio e Giovanni Salvi.

A Davigo, ha aggiunto Ermini, "mi lega ora un’amicizia per me preziosa e irrinunciabile", ma "tuttavia, nella vita, ci sono momenti in cui chi è chiamato a compiti di responsabilità istituzionale deve assumere decisioni dolorose ma necessarie". Anche il togato indipendente Nino Di Matteo ha sottolineato che "la qualità di appartenente all’ordine giudiziario è imprescindibile per avere funzioni nell’autogoverno: voterò a favore della decadenza, con grande difficoltà umana, ma in piena coscienza".

Hanno votato per la decadenza di Davigo anche i tre togati di Magistratura Indipendente, la corrente di destra delle toghe e i due di Unicost, la compagine centrista, il laico Filippo Donati, i due laici in quota Forza Italia, Lanzi e Cerabona, e un laico della Lega, Basile. Compatti, invece, nel votare contro la decadenza, i tre esponenti di Autonomia&Indipendenza, gruppo di cui Davigo è leader, ma anche i consiglieri togati di Area, l’associazione delle toghe progressiste (Chinaglia e Dal Moro). Contrario alla decadenza anche Fulvio Gigliotti, laico in quota M5s, mentre si sono astenuti in cinque (Cascini, Zaccaro e Suriano di Area, Benedetti e Stefano Cavanna, laico Lega). La decisione è arrivata dopo una discussione fiume, in cui hanno preso la parola e a lungo molti dei consiglieri. Una scelta complessa, dunque, sofferta e non certo unanime.