Il giallo del grattacielo di New York: è un serial killer

Per anni un uomo ha fatto strage di anziani in un complesso vip della Grande Mela. Solo ora la polizia ha fermato il pluri-omicida

Le Woodson Houses di New York sono un complesso di edifici riservati agli anziani

Le Woodson Houses di New York sono un complesso di edifici riservati agli anziani

Sono morte almeno 8 persone. Uccise tutte da un serial killer che abitava nello stesso palazzo. L’inquilino della porta accanto. Ci sono voluti quasi 7 anni di petizioni e denunce da parte dei familiari delle vittime per convincere i detective di New York che si trattava di casi di omicidio e non di morti accidentali. E non è bastato per fermare la strage dei pensionati.

Ma adesso la Woodson House, un palazzone nel centro di Brooklyn gestito dal dipartimento degli alloggi popolari del comune fa un po’ meno paura. La gente non teme di venir assassinata quando è sola in casa. “Kevin” il pluriomicida che abitava al 6D ha confessato più della metà degli assassini di Woodson House, ma sembra sua anche la responsabilità degli altri. La polizia adesso ha due autopattuglie agli ingressi del complesso. Troppo tardi. Il palazzone delle morti misteriose era praticamente finito sotto il controllo di spacciatori di droga o delle gang locali.

Se si liberava all’improvviso uno dei bilocali diventava immediatamente “una casa del crack”. E pensare che sono bastate alcune telecamere per creare la deterrenza nei confronti degli spacciatori di droga e dei male intenzionati che tentavano di derubare gli inquilini.

Per molti nel palazzone di 25 piani che sorge quasi in mezzo al nulla, diventato sinonimo di paura e degrado adesso che il serial killer Kevin Gavin è stato arrestato dopo 5 anni dal primo omicidio, adesso si torna a respirare come in un polmone protetto della città, mentre il killer che aspetta la condanna all’ergastolo dovrà rispondere a cause civili per decine di milioni di dollari. Quei lunghi corridoi bianchi con le porte numerate che hanno fatto da scenario a migliaia di telefilm sul crimine sperano di tornare a riavere la loro dignità.

Una lunga inchiesta giornalistica del New York Magazine ha portato a documentare una dopo l’altra le morti sospette e il comportamento discutibile della polizia. Si tratta di un spaccato spietato della dura realtà newyorkese, dove si può uccidere per pochi dollari e farla franca. Mentre si può morire strangolati col filo del telefono e veder classificato l’omicidio come “causa naturale” solo per colpa di un certificato medico firmato da un sanitario che non ha visto il corpo ma si è fedato del rapporto ancora più frettoloso di un agente.

Di fatto il silenzioso massacro di “Woodson House” è un atto d’accusa contro quella che si definisce una delle città più democratiche e sicure degli Stati Uniti. Una storia che sembra dimostrare che anche nel 2021 “i poveri non contano e sono ignorati”. Per quasi un decennio “Woodson House” era considerato per i pensionati un privilegio dopo una vita di lavoro. Ma alla fine al numero 3893 di Powell Street la morte arrivava sempre in fondo al corridoio.

Resta la quasi certezza che si sarebbe potuto fare qualcosa molto prima per fermare gli omicidi. Ad esempio accogliere la richiesta degli inquilini che chiedevano le telecamere contro la paura. Solo adesso le stanno mettendo. E gli anziani tornano a giocare negli spazi pubblici. Ora che Kevin il killer è in cella e non uscirà più.