di Viviana Ponchia BOLOGNA "Perché no? Dieci, cento, mille Chiara Ferragni. E un applauso a Liliana Segre, che a 91 anni dimostra ancora una volta di avere una mente aperta e giovanissima". Giovanna Cosenza, allieva di Umberto Eco e oggi docente di Semiotica all’Università di Bologna, non è scandalizzata dalla relazione apparentemente pericolosa che potrebbe nascere tra l’influencer e la senatrice a vita sopravvissuta all’Olocausto. L’imprenditrice digitale è seguita da milioni di persone, se usasse il suo ‘potere’ per fare avvicinare i ragazzi al Memoriale della Shoa anche gli schizzinosi dovrebbero farsene una ragione. Però proprio quegli schizzinosi sono già in agitazione. Tik Tok e Auschwitz: di questo passo, signora mia, dove andremo a finire? "Lo dicevano anche quando Eike Schmidt portò la Ferragni agli Uffizi. Un polverone. Poi zitti, perché i figli insistevano per andare al museo e non era mai successo prima. Zitti perché dopo l’impennata iniziale la curva dei visitatori è rimasta comunque più alta di prima. E si agitavano per il marito. Fedez che dal palco del concertone del primo maggio difende il ddl Zan contro l’omotransfobia, ma come si permette. Io dico chapeau a entrambi. Se la famigliola è riuscita a creare un reparto di terapia intensiva per i malati di Covid durante la pandemia grazie alla raccolta fondi più formidabile mai realizzata in Europa non mi indigno, mi tolgo il cappello". Il fine sarà nobile, sono i mezzi a lasciare perplessi. "Ma sono i mezzi utilizzati da tutti i grandi marchi commerciali, dei quali Chiara Ferragni fa parte con la sua bella faccia. La signora è un personal brand, un’industria consistente che abbraccia cause sociali e non sbaglia un colpo. Ferragni come Procter&Gamble, la multinazionale americana di beni di largo consumo che si impegna per salvare la biodiversità e promuovere l’agricoltura sociale. Come McDonald’s che ha imboccato la strada dell’energia ...
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