Mercoledì 24 Aprile 2024

Rosaria Iardino e il bacio ad Aiuti. "Ma quante litigate fra noi"

Era sieropositiva da 8 anni. "Insieme abbiamo scritto un capitolo della lotta all’Aids"

Il bacio di Fernando Aiuti e Rosaria Iardino, sieropositiva. Era il 1991 (Ansa)

Il bacio di Fernando Aiuti e Rosaria Iardino, sieropositiva. Era il 1991 (Ansa)

Milano, 10 gennaio 2019 - Quel bacio entrò di prepotenza nell’immaginario collettivo: 2 dicembre 1991, congresso sull’Aids a Cagliari, l’immunologo Fernando Aiuti incolla le labbra a quelle della 25enne Rosaria Iardino, sieropositiva. Erano gli anni pre-terapia antiretrovirale, i ‘conclamati’ morivano negli ospedali e «lo stigma uccideva più dell’infezione»: fu quel bacio «a fare la differenza», dice Iardino, diagnosticata a 17 anni nel 1983, l’anno della scoperta del virus. Oggi ne ha 52, è giornalista e attivista, ancora in prima linea in una lotta che ha aperto altri fronti. Quando ha saputo della morte di Aiuti (sull’ipotesi che si sia ucciso si limita a osservare che se fosse così «doveva avere un problema enorme») ha postato quella foto. Per salutare «il suo uomo del bacio».

«Ho provato un dispiacere profondo. Anche se sapevo che aveva 83 anni, anche se ci sentivamo per messaggio e da tanto non gli parlavo al telefono. È un uomo che ho rispettato e stimato profondamente, in tutte le nostre contraddizioni».

Ha voluto ricordare anche le vostre litigate.

«La nostra era una relazione molto vera. Su alcune cose eravamo d’accordo, su altre no. Abbiamo fatto bellissime litigate, e bellissime bevute, bellissime passeggiate. Con Fernando, e col professor Mauro Moroni (l’infettivologo scomparso nel 2015, ndr) abbiamo scritto un capitolo della lotta all’Aids, in tempi durissimi. Eravamo tre soldati, ciascuno col suo ruolo, in una battaglia di civiltà. Ora mi sento un po’ più sola».

Com’è nato quel bacio?

«La sera prima eravamo arrabbiati e disperati perché erano usciti altri articoli pieni di assurdità, come che bastasse bere dallo stesso bicchiere per il contagio... A un certo punto abbiamo detto, sorridendo, ‘potremmo baciarci’. Poi ci siamo guardati: ‘Facciamolo’».

Quello scatto ebbe una potenza devastante.

«Non ce lo immaginavamo; solo dopo ci siamo detti che forse avevamo fatto una cosa fantastica, a costo zero. È la campagna più ricordata contro lo stigma nei confronti dell’Hiv».

Oggi funzionerebbe?

«Quando iniziò a circolare la teoria di Duesberg (Peter H., biologo americano, ndr ), secondo il quale l’Aids non esiste, gli proposi di tagliarci e mescolare il nostro sangue. E lui ovviamente rifiutò. Ecco, forse questo serve contro la disinformazione oggi. Però io vorrei che Fernando fosse ricordato non solo per quel bacio».

Come vorrebbe lo ricordassimo?

«Per l’uomo vivo che era, per la sua capacità, non scontata, di essere accanto agli emarginati. Era un grande uomo e anche ruvido: ha litigato nei ministeri, coi direttori degli ospedali, con le pompe funebri per ottenere che seppellissero qualcuno... E ha aiutato tante persone povere, a costo zero».