Fermati in gita durante il lockdown Il gip li assolve: "Dpcm illegittimi"

Reggio Emilia, la coppia era finita a processo per aver dichiarato il falso nell’autocertificazione . Il giudice ha contestato i decreti del governo. "Violano la libertà personale prevista dalla Costituzione"

Migration

di Daniele Petrone

Prosciolti per aver esibito un’autocertificazione fasulla, in pieno lockdown, ai carabinieri. Perché per il giudice il Dpcm anti-Covid è illegittimo e lede la libertà personale di movimento. È la clamorosa sentenza, destinata a fare giurisprudenza, emessa dal gip Dario De Luca del tribunale di Reggio Emilia, il 27 gennaio scorso. I fatti risalgono al 13 marzo di un anno fa, quando un uomo e una donna vengono fermati in auto ad un posto di blocco a Correggio, nella Bassa Reggiana. Compilano l’autocertificazione richiesta, dichiarando, lei "di essere andata a sottoporsi ad esami clinici", lui "di averla accompagnata", motivando così lo spostamento per comprovata necessità di salute, tra le uniche eccezioni concesse in materia di restrizioni a inizio pandemia.

I successivi controlli delle forze dell’ordine accertano però che "la donna quel giorno non aveva fatto alcun accesso all’ospedale di Correggio", come lei aveva indicato. Scattano così le violazioni e gli atti finiscono in Procura. La coppia di amici viene accusata di falso ideologico in atto pubblico e il pm chiede l’emissione di un decreto di condanna penale.

Ma per il giudice "il fatto non costituisce reato", sancendo di fatto l’illegittimità del Dpcm – per la prima volta in Italia, scritto in una sentenza – dopo tante discussioni proprio sulle limitazioni personali. E di fatto il gip definisce "un falso inutile" quello commesso dalla coppia reggiana. "Poiché – scrive il gip De Luca nella sentenza 542021 che ha avuto risalto anche tra i più importanti siti online di giuristi – proprio in forza di tale decreto, ciascun imputato è stato ‘costretto’ a sottoscrivere un’autocertificazione incompatibile con lo stato di diritto del nostro Paese e dunque illegittima".

E ancora: "Nel nostro ordinamento giuridico, l’obbligo di permanenza domiciliare consiste in una sanzione penale restrittiva della libertà personale che viene irrogata dal giudice penale per alcuni reati all’esito del giudizio". A supporto di questa tesi cita l’esempio pragmatico dei provvedimenti Daspo: se le forze dell’ordine lo chiedono per un tifoso presunto violento, deve essere il giudice a valutare se la richiesta sia proporzionata alla condotta; solo se le sue azioni sono ritenute davvero violente, allora il tribunale gli impedirà di andare allo stadio.

Infine, qualcuno potrebbe obiettare: ma non è materia degli ‘Ermellini’ decidere se una legge sia valida per la Costituzione? Anche qui il giudice chiarisce: "poichè trattasi di Dpcm, cioè di un atto amministrativo, il giudice ordinario non deve rimettere la questione di legittimità costituzionale alla Corte costituzionale, ma deve procedere, direttamente, alla disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo per violazione di legge". Una sentenza che ora crea un precedente storico, anche alla luce delle attuali restrizioni.