ALESSANDRO D’AMATO
Cronaca

Femminicidio premeditato Lei ritirava le denunce per amore della figlia Lui preparava il delitto

Angelo Reina aveva fatto seguire Marisa Leo da un investigatore privato. Nell’auto che aveva preso a noleggio sono stati ritrovati una pistola e dei proiettili. Il sospetto: avrebbe usato il mezzo per pedinare la donna senza farsi riconoscere.

Femminicidio premeditato  Lei ritirava le denunce  per amore della figlia  Lui preparava il delitto
Femminicidio premeditato Lei ritirava le denunce per amore della figlia Lui preparava il delitto

di Alessandro D’Amato

La Porsche Cayenne noleggiata nei giorni precedenti con dentro la carabina e una pistola non legalmente detenute. I proiettili della stessa arma usata per uccidere. E la bambina usata come esca. Angelo Reina preparava da tempo l’omicidio di Marisa Leo. Almeno dal giugno scorso, quando l’ultimo tentativo di riappacificazione per amore della figlia era fallito. La prova è nella testimonianza dell’investigatore privato che l’uomo ha contattato ai primi di luglio. Dopo l’omicidio il detective si è presentato spontaneamente in questura a Trapani. Per raccontare che Reina gli aveva detto che lui e Marisa stavano ancora insieme ma che aveva dubbi che lei lo tradisse. Anche la titolare dell’agenzia di noleggio auto è andata dagli investigatori per testimoniare. Il sospetto è che la vettura sia servita a Reina proprio per pedinare la donna senza farsi riconoscere.

La storia tra i due era cominciata nel 2016. Ed è finita nel 2019, poco dopo la nascita della figlia. Marisa accusava l’ex di comportamenti irrispettosi, sospettava (o forse era addirittura certa) di una relazione con un’altra donna. A maggio comincia il suo incubo. Mentre è in auto con la bimba sul seggiolino si accorge dallo specchietto retrovisore che qualcuno la segue. L’auto di Reina le si avvicina, poi le taglia la strada e prova ad aprire lo sportello. Per fortuna vicino c’è un benzinaio che interviene, "mentre la bambina piangeva disperatamente", fa mettere lei a verbale. Poi l’uomo cerca di introdursi in casa sua, per due volte. "La prima volta salì fino al pianerottolo suonando insistentemente. Io ero in gravidanza e veramente ho rischiato molto per la grande agitazione. Lui voleva a tutti i costi tornare con me, mi ha preso con forza dalle spalle. Dopo la nascita della bimba ci riuscì di nuovo anche se non ha mai avuto le chiavi di nessun appartamento", dirà lei ai giudici dopo la denuncia per stalking nel giugno 2021. Raccontando anche della sua paura: "Non esco più da sola. Cammino sempre scortata. E ho una telecamera in macchina perché se dovesse succedermi qualcosa lui verrà filmato e lui saprà chi è stato". In tribunale Marisa racconta anche un altro episodio: ovvero di quando l’ex compagno le mostra delle armi sul cellulare e le dice che stava andando al poligono di tiro per esercitarsi.

Poi, nel maggio 2022, la decisione di ritirare la denuncia. Insieme a quella di intraprendere un percorso di terapia di coppia. "L’ha fatto per la figlia, non voleva che crescesse senza il padre", dicono oggi le amiche. "La rimproveravo perché lei si faceva seguire per risolvere il problema che era lui", ricorda Antonella Lussari, attivista insieme a Marisa di Stessa squadra, associazione contro tutte le forme di violenza. Con il marito e la bimba lei partecipa anche a Vinitaly ad aprile. Sembra tutto tornato a posto ma non è così.

"Era felice, ci siamo viste durante la manifestazione, c’era anche il suo ex. È durato fino a giugno, poi lei ha trascorso l’estate con la sua famiglia e in un messaggio le chiesi come andava con Angelo e lei mi rispose: "al solito", racconta ancora l’amica. Ciò nonostante, il padre andava regolarmente a prendere la bambina a casa sua per portarla all’asilo.

Poi l’epilogo. Mercoledì mattina Reina le telefona e le dà un appuntamento: "Vieni a prendere la bambina in azienda da me, intorno alle cinque e mezza". Aveva già preparato tutto. Lei, che alle amiche diceva di essere sempre preoccupata quando la figlia era con lui, stavolta non sospetta nulla. Ma è tutto premeditato, come a Senago dove Alessandro Impagnatiello avvelenava lentamente Giulia Tramontano con il veleno per topi. "Quell’omicidio insegna a noi donne che non dobbiamo andare mai a un ultimo incontro di spiegazione", ha detto la procuratrice aggiunta di Milano Letizia Mannella.