Fedeli a Europa e Nato Meloni schiera l’Italia sul fronte occidentale Gli alleati sono avvisati

Dichiarazioni e mosse della premier in pectore segnano le priorità. Unità di visione con il governo uscente e un chiaro segnale alla Lega

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DI Raffaele Marmo

Uno: "Nessuno Stato membro dell’Unione europea può fare da solo sul gas, neanche la Germania". Due: "L’annessione russa delle regioni ucraine non ha valore. Le democrazie occidentali siano compatte contro l’imperialismo di Putin". Poteva sottoscriverle Mario Draghi (che ha espresso posizioni non analoghe, ma oggettivamente uguali). E invece sono due dichiarazioni da atlantista determinata e europeista più pragmatica che scettica, di Giorgia Meloni. Un uno–due che dice "da che parte sta l’Italia di oggi e quella di domani", come avvisa Adolfo Urso, presidente Copasir, braccio destro della leader di Fratelli d’Italia per il delicato fronte del posizionamento internazionale dell’Italia. Tant’è che, non a caso, da Kiev, da Andriy Yermak, capo dello staff del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, arriva la certificazione del messaggio ricevuto: "Grazie a Giorgia Meloni per la sua posizione chiara e la dura condanna delle politiche neo-imperialiste russe".

Il silenzio della premier in pectore sulla formazione del governo è stato interrotto ieri e l’altro ieri, dunque, con due dichiarazioni di politica europea e di politica estera. "Non è un caso – spiega Urso –. Tutto quello che dice Giorgia non è mai frutto dell’improvvisazione e dell’estemporaneità. È sempre frutto di un progetto che si costruisce giorno per giorno". Un progetto che, per il fronte "esterno", viene, infatti, da più lontano di quello che può apparire. Tant’è che, ancora non per caso, per stare alle settimane passate, lo stesso Urso è stato in missione prima a Kiev e, senza neanche tornare in Italia, è volato successivamente a Washington. "A Kiev – puntualizza – si misura l’Occidente di oggi, è lì il cuore dell’Occidente, mentre gli Usa sono il nostro principale alleato".

È del tutto evidente, insomma, che l’atlantismo occupa il primo posto nella gerarchia delle priorità di Meloni. "Putin dimostra ancora una volta la sua visione neo imperialista di stampo sovietico che minaccia la sicurezza dell’intero continente europeo. Questa ulteriore violazione delle regole di convivenza tra Nazioni da parte della Russia conferma la necessità di compattezza e unità delle democrazie occidentali".

Atlantismo first significa Usa, ma anche Gran Bretagna: è da Londra, del resto, che comincerà il giro delle capitali della nuova premier. Ma dovrà fare i conti anche con due altri fronti aperti. Il primo è quello di Bruxelles, ma, per una sorta di paradossale inversione della storia, si ritrova, con Draghi, a fare la parte di chi può richiamare l’Europa e la stessa Ursula von der Leyen all’ordine della comune solidarietà dopo quella che appare come la Brexit tedesca del gas: "Non possiamo dividerci a seconda dello spazio nei nostri bilanci nazionali, serve solidarietà", ha avvertito il premier attuale. Mentre Meloni con il no allo scostamento di bilancio e il richiamo alla "responsabilità" sulla tenuta e la stabilità dei conti pubblici mostra di avere le carte in regola per non mostrare il lato debole dell’Italietta del non rigore.

Certo, c’è Matteo Salvini, ci sono le sue tesi sull’inefficacia delle sanzioni alla Russia, i suoi antichi legami con il partito di Putin. Ma, come sostiene una fonte beninformata vicina ai dossier, si dovrà adeguare. E, del resto, in serata, in un equilibrismo dialettico, nel quale non compaiono Putin e la Russia, il leader leghista deve comunque dire che "la Lega condanna fermamente ogni aggressione, annessione e minaccia nucleare. Il prossimo governo italiano dovrà lavorare con ancora più determinazione per la pace e il disarmo, al fianco delle democrazie e delle forze occidentali". Si scorge ancora la lontananza da Meloni, ma la via è segnata.