Caso Brizzi, Alba Parietti e la campagna Me Too: "Furore mediatico inutile"

La showgirl: alle donne non è servito Fausto Brizzi, chiesta l'archiviazione per l'accusa di violenze sessuali

Alba Parietti (FotoSchicchi)

Alba Parietti (FotoSchicchi)

Milano, 1 agosto 2018 - L'affaire Brizzi sta finendo in una nuvola di fumo. Alba Parietti, che ne pensa?

«La personalizzazione delle cause è sempre sbagliata. Anche certe questioni che riguardano il movimento #MeToo sono eccessive perché sembra che riguardino solo caste elette, mentre le molestie avvengono ovunque: nelle famiglie, nei posti di lavoro più umili, negli uffici. Non sono contraria per principio a una battuta di spirito, a un ammiccamento da parte degli uomini. A me due personalizzazioni hanno innervosito: sia quella di Asia Argento, sia quella di Brizzi. Erano due casi che non rappresentavano nulla. Voglio essere spietata: né Brizzi rappresentava le forme di torture maniacali che subiscono le donne negli ambienti di lavoro a tutti i livelli, che vanno tutelate soprattutto a quelli più bassi, né Asia Argento rappresentava altro da se stessa».

In alcuni casi le denunce erano state presentate dopo il termine previsto dalla legge.

«A me sembra un’assurdità. A volte i casi di violenza emergono dopo venti o addirittura trent’anni, perché spesso la vittima si vergogna, si sente colpevole, e fa fatica a parlare di ciò che le è successo. Per mia conoscenza diretta di donne a cui è capitato qualcosa del genere so che anche andare a denunciare una molestia o una violenza, ti espone a situazioni molto avvilenti. Per mesi abbiamo inutilmente parlato dei fatti personali di Asia Argento: per me erano solo fatti personali che non avevano un valore collettivo. Detto questo, si sa che le rivoluzioni lasciano sempre morti e feriti sul campo. Ma almeno sarebbe stato positivo se si fosse arrivati a un risultato, invece si è arrivati a un bel niente: la mentalità non è cambiata, le leggi non sono cambiate, è tutto come prima, forse peggio. Lo vedo come un regresso invece di un progresso. Abbiamo fatto il Mani Pulite del #MeeToo ma senza concludere niente. Si è chiacchierato e basta».

Di chi è la colpa?

«Di come malamente vengono gestite le notizie che invece dovrebbero essere trattate con grande cura e delicatezza. Le inchieste ben vengano ma o sono fatte dai magistrati o da giornalisti molto seri. Soprattutto è inaccettabile che un caso personale diventi qualcosa di cui si parla 24 ore al giorno per mesi. Se vuoi affrontare un problema delicato come gli abusi sul posto di lavoro, devi farlo con serietà, senza fare confusione. Molto dipende dall’ambiente. Per una persona del mondo dello spettacolo può essere una cosa su cui farci una risata: se uno mi mette una mano sul culo io gli rido in faccia o gli tiro una sberla, perché sono in grado di difendermi».

E una donna meno sicura di sé, cosa fa?

«Magari, per esempio, per un’impiegata che ha bisogno di quei soldi per mantenere la figlia, è molto peggio. Per lei la mano sul culo è effettivamente una violenza enorme perché è più indifesa. E poi, quando ci sono di mezzo persone dello spettacolo, bisogna scindere tra chi vuole davvero sollevare un problema serio e chi cerca solo visibilità. Come accade con i delitti, le donne sono ancora solo carne da ascolto».