Fatta a pezzi e gettata in un cassonetto

Macabra scoperta, la vittima aveva 31 anni. Il fidanzato è stato trovato impiccato nel centro d’accoglienza dove era ospite

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di Nicola Bianchi

Uccisa a colpi di machete, fatta a pezzi e gettata, come il più sprezzante dei rifiuti, in un cassonetto dell’immondizia. Fatto ciò, sarebbe rientrato a casa per togliersi la vita impiccandosi. Una storia maledetta, senza senso che scuote una città, Bologna, in questi giorni impegnata a battagliare contro assembramenti e feste nelle piazze di studenti senza mascherina. E proprio una studentessa era Emma Pezemo, 31 anni del Camerun, con un sogno nel cassetto: diventare operatrice socio sanitaria. Un sogno spezzato in maniera terrificante, difficile pure da raccontare per la violenza utilizzata dal suo aguzzino.

Emma era fidanzata con Jacques Honoré Ngouenet, 43 anni, anche lui del Camerun. Da qualche tempo l’uomo era ospite di una comunità, mandato dal dipartimento di Salute mentale per problemi psichiatrici. Problemi che alcuni mesi fa lo spinsero a tentare di farla finita ingerendo liquido per radiatori bruciandosi lo stomaco. Quella volta però venne salvato in extremis. Non però ieri pomeriggio quando gli operatori della comunità hanno aperto la sua stanza e lo hanno trovato impiccato. Lo cercava la polizia dopo che in via Togliatti, zona periferica della città, avevano trovato i resti di Emma. Parti del suo giovane corpo nascoste in singoli sacchi dell’immondizia e buttate via con disprezzo.

Sabato i due avevano trascorso insieme la giornata, poi di Emma si erano perse le tracce. Le coinquiline, con cui la ragazza divideva una stanza di uno studentato non distante dal cassonetto degli orrori, hanno iniziato a cercarla e per prima cosa hanno contattato Ngouenet: "Non so nulla, – la risposta bofonchiata – mi dispiace. Sono preoccupato anche io". Ecco allora la successiva telefonata alla polizia, per denunciare la scomparsa. Le amiche della trentunenne non hanno riferito di particolari screzi fra la coppia, ma i poliziotti della Mobile sono subito andati da lui, trovandolo impiccato.

E proprio in quei momenti, da via Togliatti stavano arrivando varie telefonate di bolognesi al 113 preoccupati per le "tracce di sangue su un cassonetto". Tante, troppe, inusuali, tali da far temere qualcosa di impensabile. Il corpo di Emma fatto a pezzi, forse con un machete o una grossa mannaia. Macelleria disumana.

A far ipotizzare che si tratti di un omicidio suicidio è soprattutto un biglietto che l’uomo ha lasciato. Scritto in francese, dalle frasi un po’ sconclusionate, conterrebbe, secondo gli investigatori, elementi importanti che farebbero capire le sue responsabilità. "Ma è ancora presto", il commento lapidario degli inquirenti al lavoro fino a notte inoltrata. Sul posto, oltre alla Mobile, anche la Scientifica con l’intera zona transennata e chiusa al traffico. Ulteriori elementi sono attesi nei prossimi giorni dall’esame dei cadaveri. Si cercheranno riscontri a quella che, allo stato delle cose, sembra la spiegazione del caso: un uomo che ha ucciso la fidanzata, ha infierito sul suo corpo e ha deciso di farla finita. A Bologna c’è un macabro precedente: nel 2005 furono trovati parti di una donna in diversi sacchi sparsi in varie discariche romagnole. Sacchi partiti tutti dalla città.