Giovedì 18 Aprile 2024

Fascismi e mafie Il plurale copre la complessità

Davide

Rondoni

Il potere lavora sempre sulle parole. Ogni tipo di potere: politico, commerciale, psicologico. Cambiando le parole non cambi la realtá, ma puoi modificare il punto di vista di tante persone su di essa, e quindi condizionarne i pensieri. Accade a volte che la realtà trovi dei paladini. Dovrebbero essere soprattutto nei cosiddetti media, quarto potere di parole che dicono la verità, appunto. Ma le cose non stanno proprio così. E allora a volte tocca a inutili esseri, i poeti, alzare la mano, dare fastidio. Come ora che vedo nomi che indicano fenomeni storici precisi e complessi ampliati all’infinito usando plurali che ne estendono il senso e lo strumentalizzano.

È successo con Mafiamafie e avviene ancora con Fascismofascismi. Naturalmente in questo caso l’avversità all’uso pubblico di desinenze maschili e femminili svanisce. E allora intendo che vi è, da un lato, una comoda vittoria della retorica, incapace di dare nomi nuovi e meno stabiliti a fenomeni nuovi e incerti.

Già negli anni ‘70 Pasolini invitava a non usare più categorie comode e antistoriche come fascismo e antifascismo, ma Pasolini ha perso, e ha perso a sinistra. Da un lato dunque retorica facile, comunicare senza pensiero, ma dall’altro un apprestarsi di armi. Elevare a ripetibili categorie morali, a colpe, alcuni fenomeni storici, serve a chi impugna una teologia storicista per avere idoli, sacerdoti e armi. Dicono di credere nella storia, ma no, credono nel loro idolo. E dunque alcuni fatti o fenomeni escono dalla storia minuscola, reale e ottengono la maiuscola di categorie, riti. Per perpetuare quella falsa e ottusa teologia e per armare il discorso di categorie di colpa ripetibili, imputabili, perseguibili. In nome della Storia peggio che in nome di Dio. Dilettanti, verrebbe da dire. Ma i dilettanti, si sa, sono più pericolosi quando maneggiano cose pericolose, come la colpa, la verità e la lingua.