Mercoledì 24 Aprile 2024

Macerata, famiglia trovata morta dopo mesi. La solitudine delle vite fantasma

I cadaveri di una coppia di anziani e del figlio erano all’interno di una villa, nessuno si era accorto di nulla

Macerata, la polizia scientifica (foto Calavita)

Macerata, la polizia scientifica (foto Calavita)

Se non ho notizie dei miei cari per troppe ore mi preoccupo. Perché mi sono cari. Sono qualcuno per me, anzi se io sono qualcuno è grazie al loro bene, all’amore che ho per loro e loro per me. "È amare che ti parifica al mondo", scrive il poeta Luzi, è l’amore che ci fa vivere, stare veramente nel mondo.

Ma se per due forse tre mesi la tua vita non è notizia per nessuno, e diventa notizia solo la tua morte, come accaduto ai tre poveri Cristi di Macerata, allora si apre un baratro. Difficile da comprendere, da fissare. Come un abisso che si apre sotto i nostri passi, sotto il via vai di questa società iper-veloce, subissata di notizie, relazioni, contatti, connessioni. Questi tre no. Appaiono come giganteschi fantasmi nel mistero della loro morte. Come dei Nessuno che si alzano in piedi e ci interrogano: sei qualcuno? Che cosa ti rende qualcuno? I soldi che hai, la ridicola fama, la iperconnessione? O sei qualcuno perché interessi a un altro che si preoccupa se non ti sente, se non ti vede?

Ci sono quelli che fanno l’elogio della lentezza. Poi lo mandano con velocissime mail ai loro giornali, invece di portarle a piedi. In quella casa deserta e piena di morte il tempo è passato lentissimo, senza che nessuno si facesse vivo. Il tempo non è veloce o lento. Gli elogiatori della lentezza a volte sono banali. Il tempo dipende dal significato. Se nessuno ti cerca il tempo diviene vuoto, lento, mortale.

Se sei qualcuno per qualcuno, se hai nel cuore qualcuno a cui tieni, il tempo si fa pieno, scattante, drammatico e meraviglioso. I tre fantasmi di Macerata così portano una grande domanda nel cuore e dentro il vorticare dei nostri giorni.

Delle tante relazioni, rapporti, quelle che chiamiamo amicizie, quante sono veramente importanti? Ce la possiamo certo cavare con un’alzata di spalle: figurati se non do notizia di me per tre mesi, certo che qualcuno mi cerca! In questo caso, i più prossimi, sono morti insieme. Ma sono questi tre fantasmi un grido contro la solitudine di tanti, non solo dei morti che sembran nessuno, come cantava Jannacci del suo barbone. Ma anche i vivi che sembrano nessuno. Sicuri che non ne abbiano intorno più di quanti pensiamo?

Da tempo chi lavora nella assistenza sociale, chi è impegnato in azioni di carità indica nella solitudine l’origine di molti mali, disagi, precipizi umani ed economici. Qualche pensatore o pastore ha provato a richiamare il problema di una diffusa solitudine come altra faccia della medaglia di una società e di una cultura che esaltano individualismo, autodeterminazione e rapporti liquefatti. I tre fantasmi tremendi di Macerata si alzano sul luccichìo del pensiero dominante, sulle nebbie dorate e drogate di una concezione della vita che sotto slogan apparentemente liberanti incatenano invece a un’idea solitaria della propria esistenza. Con l’illusione di mettere al centro l’io padrone di se stesso, con la derisione di ogni comunità, se non quelle generate dalle mode, si accendono i generatori della solitudine.

I tre fantasmi terribili di Macerata si alzano con il mistero del loro destino e ci guardano. Non ci giudicano né possiamo giudicare loro. Ma non spostiamoli subito dal nostro sguardo, non cancelliamoli. Perché se no torneranno. E allora il loro sguardo sarà terribile. E non ci sarà riparo.