di Christian Sormani SAMARATE (Varese) Un paio di gesti dopo alcune domande. Un cenno con le dita. Timidi segnali di risveglio per Nicolò Maja, l’unico sopravvissuto della strage familiare di Samarate, nella villetta di via Torino. Una mattanza compiuta nella notte fra il 3 ed il 4 maggio scorsi dal padre Alessandro Maja. Il 23enne, secondo l’avvocato di famiglia, sta rispondendo a gesti alle domande che gli vengono poste dai medici, ma rimangono diversi interrogativi sulla salute del giovane e sulla condizione neurologica del paziente, come ammette il legale Stefano Bettinelli. "Nicolò è decisamente migliorato e sembra davvero riesca a rispondere, anche se a gesti, alle domande. Per tutti è una notizia bellissima, seppure la prognosi non sia stata ancora sciolta e il percorso sarà molto, molto lungo". Il quadro clinico del giovane, che non sa della morte della sorella e della madre, rimane comunque preoccupante e non potrebbe essere diversamente, in quanto il ragazzo, figlio maggiore della coppia, è stato colpito dal padre mentre dormiva con cacciavite e martello alla testa. Diversi colpi, tanto che Alessandro Maja, pensando di averlo ucciso, ha poi proseguito con la mattanza. Martello e cacciavite appunto sono le armi improprie che l’imprenditore, reo confesso, ha utilizzato per sterminare tutti: la moglie Stefania, di un anno più giovane, la piccola Giulia di 16 anni e appunto il figlio più grande Nicolò, scampato alla morte per un soffio. Nel frattempo Alessandro Maja proprio ieri è tornato in carcere: è stato trasferito dal reparto psichiatrico carcerario del San Paolo di Milano al carcere di Monza. Lo ha confermato il suo avvocato, Enrico Milani, che ieri mattina è andato a trovarlo insieme alla collega Sabrina Lamera, per comunicargli che il figlio è uscito dal coma. "Ha reagito con una parvenza di sorriso, ma è come se vivesse in un mondo tutto ...
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