Mercoledì 24 Aprile 2024

"Faccio il comico e parlo di morte. L’ironia è la chiave per superare i tabù"

Giacomo Poretti, l’attore del celebre trio, torna in teatro insieme alla moglie: "Affronto col sorriso le grandi domande della vita"

Giacomo Poretti, 65 anni, con la moglie Daniela Cristofori, 55 anni

Giacomo Poretti, 65 anni, con la moglie Daniela Cristofori, 55 anni

È l’ultimo tabù. Ma nessuno vieta di poterci pensare ridendoci sopra. "I comici hanno sempre affrontato il tema della morte, è una sfida che ti stimola a osare, a portare il pubblico a riflettere", assicura Giacomo Poretti. Uno che di comicità e risate se ne intende. In attesa di tornare al cinema col trio Aldo, Giovanni e Giacomo, Poretti ricomincia da due. In coppia con la moglie Daniela Cristofori, autrice e interprete con lui di "Funeral Home", la commedia che debutta in prima nazionale domani al Teatro Oscar di Milano (repliche fino al 14 dicembre). "Daniela di professione è psicoterapeuta, lavora molto con le coppie e questo già due anni fa ci aveva spinto a scrivere un reading sulle liti fra coniugi. Stavolta andiamo avanti, partendo da un’altra coppia, per spingerci un po’ più in là. Rita e Ambrogio sono due anziani che devono andare a un funerale. Lui non vuole saperne, lei invece sì. E la discussione fra i due è un pretesto per portare in scena le grandi domande della vita. C’è un dopo? E se sì, cosa?".

Per un comico è più facile?

"I comici hanno il privilegio dell’ironia, la chiave per parlare di tutto e per sfatare i falsi miti. Ti permette di andare ancor più in profondità, fino a chiedere: perché si deve morire? Quello della fine è un tema che la società di oggi fatica ad accettare".

Specie dopo tante morti premature legate al Covid.

"Sì, soprattutto se arrivate in modo così misterioso e fulmineo, mentre tutti erano costretti a stare chiusi in casa o lontani dagli affetti".

Anche lei ha avuto il Covid e ha confessato la sua paura.

"Nove giorni di febbre a 39. Mi sono curato a casa, col paracetamolo. Sono stato a lungo infermiere, però, e so cosa significhi finire in terapia intensiva. Quindi sì, il pensiero mi spaventava molto".

Lavorare con la moglie può essere difficile. Litigate mai?

"Causa il teatro, mai. Ma se si è in auto o in vacanza è un disastro. Ma non sono soltanto le coppie a litigare, lo fa l’umanità intera".

Dopo trent’anni con Aldo e Giovanni siete più amici o colleghi?

"Siamo ottimi amici e, insieme, soci di un progetto. Ora ci siamo presi una pausa. Dopo trent’anni devi un po’ diluire, le idee non arrivano facilmente come all’inizio. Il sodalizio funziona, ma oggi richiede una cadenza un po’ diversa".

Il ritorno però è alle porte.

"Un film nel 2022, subito dopo Natale inizieremo a lavorarci".

Dunque vacanze separate?

"Stavolta sì, e non è la sola. In passato le abbiamo anche fatte insieme. Spesso però erano vacanze di lavoro".

Nel frattempo si è regalato un teatro tutto suo.

"Aprire un teatro nuovo a Milano sembra paradossale. Io, Gabriele Allevi e Luca Doninelli, poi, l’abbiamo fatto a fine 2019 e la pandemia ci ha fermato subito. Così ci siamo inventati il mototeatro, dove la moto è in realtà un’Apecar, la mitica treruote che trasporta di tutto. Per noi ha portato la merce che il teatro può offrire: le storie".

Lei è stato infermiere per 11 anni. Che effetto le fa oggi pensare a quel lavoro?

"La celebre foto dell’infermiera addormentata sulla tastiera del computer, tra le immagini simbolo della pandemia, mi ha spinto a pensare: finalmente è stata riconosciuta la fatica degli infermieri. Non se ne parla mai abbastanza. In piena emergenza Covid, quando ho sentito che si pensava di richiamare in servizio anche chi aveva lasciato, mi sono scoperto a pregare il Signore perché nessuno potesse richiamare me...".

Il suo rapporto con la fede?

"È un percorso, di cui ho parlato anche nel mio precedente spettacolo “Chiedimi se sono di turno“. L’infermiere di turno la notte, solo, davanti alla fatica e al dolore si fa tante domande. E spesso le rivolge al Padre eterno: perché ci hai fatto in questo modo?".

La risposta?

"Te la dà la fede. Il mio personaggio, cui ho dedicato anche un romanzo, incarna invece tutti i dubbi che possiamo avere. Fa domande su questioni al limite dell’indimostrabile. Non mi interessa dividere il mondo fra chi crede e chi no; soltanto riflettere sul rischio più grande che corre l’uomo moderno: il rischio che si perdano alcune parole".

Quali, esattamente?

"Anima, per esempio. È una parola che rischia l’estinzione. Come pure spiritualità. Sono parole antiche, ma sono anche concetti, prese di posizione che stanno finendo da parte, dentro i vocabolari. Peccato che i vocabolari siano i cimiteri delle parole".

C’è una soluzione?

"A teatro dico che certe parole vanno annaffiate. Sono vive soltanto se le pronunciamo. L’eco lascia segni di curiosità, fa sì che le parole vengano riprese. E i concetti con loro".

 

 

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