Ex modella annegata Si riapre l’indagine

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di Umberto Zanichelli

"Ci sono troppe cose che devono essere chiarite sulla morte di mia figlia". Anna Kochelenko vuole chiarezza. La vuole da quel 16 aprile dello scorso anno quando sua figlia Polina, 35 anni, ex modella russa, un laurea in Giurisprudenza e un master in criminologia, diventata addestratrice cinofila, era stata trovata senza vita nelle acque della Roggia Malaspina nelle campagne di Valeggio. Un decesso rubricato come incidente. Ma sul presunto annegamento della figlia, ottima nuotatrice e in eccellente forma fisica, la donna ha sempre nutrito dubbi. Ufficialmente Polina Kochelenko, che si era stabilita in Lomellina da pochi mesi, sarebbe caduta nel corso d’acqua nel tentativo di salvare alcuni cuccioli di pregio che aveva con sé in quel momento, esemplari del valore di diverse migliaia di euro ciascuno, che non sono mai stati ritrovati. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pavia, Maria Cristina Lapi, che ha ritenuto ammissibile l’opposizione alla richiesta di archiviazione chiesta dalla procura della Repubblica, si pronuncerà definitivamente il prossimo 6 giugno. "Spero che decidano di riaprire le indagini – aggiunge – perché voglio sapere cosa è accaduto davvero a mia figlia". Le circostanze legate al decesso di Polina sono state in effetti da subito poco chiare: a partire dall’annegamento in un canale profondo poche decine di centimetri di acqua al fatto che nemmeno l’autopsia è stata in grado di dare una risposta definitiva alle tante domande su quella morte.

Proprio per questo Anna Kochelenko si è affidata all’avvocato Tiziana Barella del foro di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) che ha coordinato un pool di esperti tra i quali l’investigatore privato Claudio Ghini di Stradella e l’ingegner Fabrizio Vinardi dell’ordine di Torino, oltre a periti e consulenti che hanno cercato di fare luce sulla vicenda. A rendere ancora più misteriosa la vicenda sono state le rivelazioni di una blogger appassionata di criminologia secondo la quale qualcuno avrebbe cancellato delle fotografie dal profilo Facebook della vittima alcune mesi dopo la sua morte. Qualcuno che aveva le credenziali di accesso e che ha voluto far sparire degli scatti. Un altro particolare per il quale a oggi non esiste un perché.