"Una volta Amanda Lear mi ha dato un suggerimento: il segreto per essere bella è sedersi sempre vicino a una brutta". Eva Robin’s è così. Divertente a divertita, alla faccia degli anni che passano e lasciano appena qualche segno, di quelli che aggiungono fascino al fascino. Il 9 settembre sarà su un palco-pedana alla Montagnola di Bologna con una prova complicata: un monologo tratto da La pianista di Elfriede Jelinek (da cui è stato tratto il film di Haneke), scandalosa e controversa premio Nobel polacca. È anche regista della performance.
Dopo tanto cinema, televisione, musica, è arrivata a destinazione: il teatro è per sempre?
"Ho cominciato nel ‘93 con Andrea Adriatico che mi ha scaraventata sul palco ne La voce umana di Cocteau. Mi sono messa a studiare e sono arrivati Shakespeare, Goldoni, Cechov, Beckett. Nel mezzo autori che sento molto vicini come Copi e Almodovar".
Adesso ancora la Jelinek, autrice ostica e quasi irrappresentabile. Perché?
"Ho interpretato la sua trilogia, ora affronto il personaggio che al cinema è stato di Isabelle Huppert. Non sarò mai come lei. Ma le difficoltà stimolano, certi insuccessi mi hanno resa più forte".
È vero che preferisce il teatro perché non ci sono primi piani?
"Dalla platea le rughe non si notano. Scherzo, le rughe sono la carta geografica della vita. E quando lo specchio fa brutti scherzi, basta voltargli le spalle".
Come si vede oggi, lei che è stata un sex symbol e un’icona dell’ambiguità?
"Il tempo scorre senza patemi. Se ne sento il bisogno mi faccio aiutare: ogni bel quadro va restaurato di tanto in tanto, però senza stravolgerlo. E dentro di me la bambina è cresciuta, sono una persona e non più un personaggio. L’ironia mi ha salvata".
Ha divorziato dal cinema?
"A malincuore. Mi chiedono sempre le stesse cose, è dura essere uno stereotipo".
Eppure fece sensazione a Cannes nell’87 con Mascara. Che ricordo ha?
"Avevo accanto Charlotte Rampling. È stata affettuosa, tenera, materna. Non lo dimentico".
Negli anni ‘80 stupì l’Italia dello spettacolo e non solo: un bellissimo transessuale sotto i riflettori. Si è sentita un’attrazione da circo Barnum?
"Era inevitabile: ho acceso la curiosità della gente. Io stessa faticavo a trovare un equilibrio nella mia dualità. Adesso dico che è stato un bel matrimonio e continua a esserlo".
Niente più trasgressione?
"Figuriamoci. Se ne vedono di tutti i colori: la sessualità è stata sdoganata".
Com’è il suo io maschile?
"È più obiettivo dell’altro".
Che significa?
"Io mi sento una donna, ma mi porto dietro l’immagine di femme fatale che non è mia. Ovviamente ci ho giocato. In ogni caso preferisco stare nell’universo femminile: è molto educativo".
Ha lavorato con grandi personaggi. Dario Argento l’ha voluta in Tenebre: come andò?
"Esperienza unica. Chi avrebbe immaginato che il regista del terrore fosse pieno di paure? E per di più ipocondriaco".
Antonio Ricci l’ha valorizzata in televisione.
"Ho fatto con lui Lupo solitario e L’araba fenice. È un genio che ha precorso i tempi".
E Boncompagni?
"Primadonna è stata un flop. Troppe polemiche per la mia presenza in una fascia di massimo ascolto e troppa improvvisazione. La sua intuizione era buona, ma mi ha mandata allo sbaraglio".
La cosa più improbabile fatta da attrice?
"Un film di serie C intitolato Cattive inclinazioni, spassoso per quanto è brutto. Ero una serial killer e uccidevo Florinda Bolkan".
Torniamo ad Amanda Lear. Iniziò con lei, vero?
"Ero una delle sue coriste negli anni ‘70. Facevamo le prove in una caserma di militari a Milano: lascio immaginare. Amanda è spiritosa, intelligente, palluta".
Ha un rimpianto?
"Non aver detto cose importanti a persone che non ci sono più".
Ha fatto psicoterapia?
"Per anni. Mi sdraiavo sul lettino e raccontavo alla psicanalista i miei desideri notturni. Lei arrossiva muta finché a un certo punto ha detto: adesso basta. Mai più vista".
Che cos’è l’amore?
"Fa rima con dolore. Va preso con le pinze del cinismo".
C’è tanta confusione nei rapporti fra i sessi. Chi sono gli uomini?
"Donne che non ce l’hanno fatta".
E le donne?
"Uomini che riescono a piangere".