Sabato 20 Aprile 2024

Europa, Usa, Cina e un nemico comune: l’inflazione

Simone

Arminio

Spirale inflazionistica. Sotto questo malefico ombrello, una volta tanto si ritrovano uniti sindacati e imprese, Fd’I e Leu e poi Usa, Europa, Cina. Lo schema è lineare: la pandemia prima e la guerra oggi hanno fatto schizzare il costo di materie prime ed energia. A questo segue un aumento dei costi di produzione, che incide sui prezzi di vendita dei beni e a sua volta sull’Iva, che aumentano entrambi. Crescono anche i salari, in teoria, generando un’espansione della massa monetaria, fenomeno già di per sé inflattivo, qui moltiplicato al cubo dall’aumento dei costi energetici (+52,8% a febbraio) che incide, oltre che sui prezzi, anche direttamente sulle bollette e sul portafoglio dei cittadini. Dunque ci si ritrova al punto di partenza. Quanto galoppi questo meccanismo è visibile nel grafico sulla febbre dei prezzi italiani pubblicato qui sopra, e che ha visto passare la nostra inflazione dai dati in negativo degli ultimi tre trimestri 2020 a una lenta e inesorabile cavalcata che da gennaio 2021 ci ha portati al +6,7% dello scorso marzo. Dato più che provvisorio e che per alcuni pare già attestato almeno sul 7%.

In questo scenario già malconcio, e condiviso con poche variabili da tutta la zona Euro e dal Nord Europa, ieri è arrivato un ulteriore acquazzone, una perturbazione atlantica che ha visto schizzare (anche se meno del previsto) i prezzi in Usa dell’8,5% a marzo, rendendo più che probabile un aumento dei tassi da parte della Fed, che si riunirà a maggio. Mancava la Cina, ed eccola qua: i prezzi che a febbraio erano aumentati dello 0,9%, a marzo sono balzati all’1,5%. E se non è guerra, da quelle parti è ancora Covid, con un nuovo lockdown nella regione di Shanghai ad agitare i mercati. È la spirale, e va evitata. Ad ogni costo.