Sabato 20 Aprile 2024

M5S, inizia la scissione: espulsi i ribelli. Dibba rialza la testa e convoca i pasdaran

Il provvedimento dopo il no al governo Draghi. I numeri dei duri e puri sono abbastanza consistenti: almeno una trentina fra le due Camere

Migration

Beppe Grillo dice che "i grillini non sono più marziani", che ora è il tempo di governare con chi governa, nel nome della ’Perseveranza’, proprio come il nome della nuova sonda su Marte. Ma le truppe ‘marziane’ ci sono eccome dentro il Movimento. E stanno scavando un fiume carsico che Alessandro Di Battista – chiamando a raccolta i suoi, domani, tramite il social Instagram – ha già ribattezzato "sana e robusta opposizione", ma che in concreto potrebbe erodere anche i posti di sottogoverno destinati agli stellati se in tanti – troppi – decidessero, nelle prossime ore, di lasciare la casa madre grillina. Facendo scendere il M5s a numeri vicini a quelli della Lega e facendo così passare le poltrone contendibili da sottosegretari da 13 a 11. Una scissione davvero molto costosa.

A Palazzo Madama, c’è già un gruppo che il senatore Elio Lannutti sta organizzando sotto la bandiera di Italia dei Valori, il simbolo ‘prestato’ da Di Pietro, e che Barbara Lezzi già utilizzava ieri per sfidare a duello il reggente Vito Crimi: "Tu non mi puoi espellere perché non conti più nulla – gli ha urlato contro –. Anzi, mi candido a far parte del nuovo direttorio a cinque". Altrimenti? È scissione, si diceva. Conclamata. Il voto contrario al governo Draghi, l’altra notte al Senato, da parte di 15 stellati (Barbara Lezzi, Nicola Morra, Mattia Crucioli e Bianca Laura Granato i nomi più significativi) ha immediatamente condannato gli autori all’espulsione, decretata ieri mattina da Crimi, reggente senza più trono perché gli iscritti hanno votato il via libera al nuovo direttorio solo due giorni fa su Rousseau. "I 15 che hanno votato no si collocano, nei fatti, all’opposizione – ha scandito Crimi, che peraltro non entrerà nel governo per il solo fatto che sta facendo lui le trattative e non è bello giocare per se stessi –. Per tale motivo non potranno più far parte del gruppo parlamentare del M5s al Senato".

A questi 15 vanno aggiunti – di diritto – gli altri che, ieri sera, hanno detto no alla Camera al governo Draghi (16 contrari, 4 astenuti, 2 in missione e 12 che non hanno risposto alla votazione: totale 34) come Pino Cabras, Andrea Colletti, Jessica Costanzo, Paolo Giuliodori, Alvise Maniero, Rosa Menga, Rosa Alba Testamento, Giovanni Russo, Michele Sodano, Maria Laura Paxia e Andrea Vallascas, ma anche un big come Alessio Villarosa. "Lavoreremo – hanno annunciato – per costruire un’alternativa a un governo del ‘tutti dentro’ e dell’austerità. L’alternativa c’è".

Questa scissione avrà due sbocchi. Uno in tribunale, l’altro – politico – con la formazione di un nuovo gruppo che starà all’opposizione, accanto a Giorgia Meloni, casomai per dividersi con Fd’I qualche poltrona delle commissioni di garanzia, ma la partita sarà comunque tutta in salita. Quanto alle vie legali, in parecchi tra gli espulsi stanno valutando la causa civile, perché reputano l’espulsione un’ingiustizia. Che potrebbe indurli a chiedere un risarcimento e ad avviare una battaglia per la paternità del simbolo M5s. Ma ormai la svolta moderata sancita da Grillo è nei fatti. Il suo M5s, che avrà Giuseppe Conte come capo politico (le trattative sono in corso) punta ad assumere il volto di forza politica green e governista: "Dobbiamo effettuare un salto quantico – ha sottolineato il fondatore –, passare da un regime di equilibrio a un altro e l’unità, il patto verde, è l’unica strada. Dopo la fiducia si dovrà tutti remare nella stessa direzione di un M5s che deve portare avanti i suoi temi ma senza essere una forza anti-sistema".