Giovedì 18 Aprile 2024

Esclusi eccellenti Dem a nervi tesi Le correnti dei big fanno il pieno

Ad Amendola e Fiano sono stati offerti seggi in collegi quasi impossibili da vincere. Decimati anche i Giovani turchi. Agli under 35 riservati appena quattro posti

di Ettore Maria Colombo

Protestano le Federazioni regionali, provinciali e cittadine. Praticamente tutte, dal Piemonte alla Campania, dalle Marche alla Basilicata. Protestano i sindaci, furibondi. Protesta l’Arcigay e pure i liberal e riformisti. Un fulmine d’ira si abbatte sul segretario dem. Il tema sono gli esclusi eccellenti dalle liste Pd. Una Direzione tenuta di notte fonda, oltre che di Ferragosto ha scontentato mezzo partito o più.

Luca Lotti no. Stefano Ceccanti, mente di tutti i dossier elettorali e costituzionali, no. Al suo posto va Nicola Fratoianni, anche se, forse, date le proteste per Ceccanti spunterà un collegio. Enzo Amendola, sottosegretario agli Esteri, titolare di tutti i dossier Ue, stimatissimo da Draghi come al Colle, al terzo posto nel listino bloccato della Campania. Di fatto, ineleggibile. Alan Ferrari, vicecapogruppo al Senato, serio e gran lavoratore, no. Valeria Fedeli, storica segretaria dei tessili Cgil, no. Rosa Maria Di Giorgi (Toscana) neppure, tanto che ora dice: "Rifletterò sulla mia appartenenza al Pd". Dario Stefàno si è dimesso dal Pd già giorni fa. Alessia Morani, riformista, sottosegretaria nel Conte II, rinuncia a un posto da ‘super-precaria’. Emanuele Fiano in un collegio difficilissimo a Milano. Salvatore Margiotta, storico senatore lucano, no.

Tutti di Base riformista, la corrente capeggiata da Guerini e proprio da Lotti, che tenne dentro, con le unghie e con i denti, molti ex renziani tentati dall’andare con Matteo dopo la scissione. Tanto che, nella fonda e drammatica notte dell’infinita Direzione, quando Letta chiede "a tutti" di "non aprire il dibattito", il ministro della Difesa, perso il solito aplomb, strappa il microfono dalle mani della Presidenza, e scandisce: "l’esclusione di Luca Lotti dalle liste è politicamente, e anche moralmente, sbagliata. Siamo e dobbiamo restare un partito garantista. Si tratta di un errore politico grave e immotivato".

In sala cala il gelo e, al momento del voto (tutti favorevoli, ovviamente, solo 3 contrari e 5 astenuti), i componenti di Base riformista escono platealmente dalla sala perché si rifiutano di partecipare al voto che vidima le liste. Un gesto eclatante che fa il paio con quello dell’area Orlando-Cuperlo quando Renzi fece le liste, nel 2018, con relativi morti e feriti, dall’altra parte.

Ma anche tra i Giovani Turchi cova rabbia. Fausto Raciti (colto, giovane, siculo) e Giuditta Pini (tosta, preparata, modenese) vengono trombati. Francesco Verducci, braccio destro del leader della corrente Matteo Orfini, finito in Piemonte ma in posizione assai difficile. Infine Monica Cirinnà, pasionaria diritti Lgbt e animalista, in un collegio difficilissimo nel Lazio. Insomma, una strage.

Detto dei molti sommersi, va detto dei salvati. Oltre ai big (tutti capolista) e ai capogruppo, ci sono gli uomini delle varie correnti. Orlando ne piazza 16, Zingaretti 6 e Franceschini 10 Agli altri (3 ai Giovani turchi, 3 a Delrio) restano solo le briciole. I lettiani (20) sono tutti eleggibili. Si salva Piero De Luca, figlio di Vincenzo, governatore della Campania. E, ovviamente, i giovani cari a Letta, quattro under 35, ‘pulcini’ di Federazioni e Giovani dem: Caterina Cerroni nel suo Molise, Marco Sarracino (Napoli), Raffaele La Regina (Basilicata) e Rachele Scarpa (Treviso). E poi Silvia Roggiani a Milano, che di anni ne ha 38. Peccato che neppure uno di loro abbia un voto. Come ne hanno pochi i paracadutati dei nanetti (Speranza, Maraio, Ciani) inglobati nel Pd e pure dei partiti fratelli (Bonelli, Fratoianni, Di Maio) cui sono stati, gentilmente, regalati seggi sicuri.