Con l'Erasmus si trova lavoro. Ma un ragazzo su tre resta all’estero

L’Italia è il quarto paese Ue più popolare tra chi aderisce al progetto che unisce formazione e tirocinio. Negli ultimi 5 anni su 31 mila partecipanti, in 25mila hanno scelto di svolgere stage in aziende europee

Un gruppo di giovani partecipanti al progetto Erasmus davanti al Duomo di Milano

Un gruppo di giovani partecipanti al progetto Erasmus davanti al Duomo di Milano

Roma, 12 dicembre 2019 - Sette giovani europei su dieci che hanno partecipato a Erasmus+ hanno ottenuto il primo impiego grazie alle competenze acquisite durante l’esperienza all’estero. Un ragazzo su tre resta a lavorare all’estero, nove su dieci sono soddisfatti dell’esperienza e la quasi totalità riesce a portare a termine il tirocinio, oltre il 99%. Inoltre il 70% dei ragazzi intervistati ritiene di sapere meglio, al ritorno dall’estero, quale carriera desidera intraprendere, mentre nove ragazzi su dieci dichiarano di utilizzare nel lavoro quotidiano le competenze acquisite all’estero. È la fotografia degli effetti del programma Ue per l’istruzione sulla vita dei ragazzi scattata dalla Commissione Ue in due studi realizzati su 500 organizzazioni e 77mila studenti e membri del personale universitario.

Un’esperienza all’estero, insomma, serve a trovare la propria strada ed Erasmus+ in pochi anni ha portato a viaggiare non solo studenti ma anche neolaureati e docenti. Un flusso continuo di persone: dal 2014 ad oggi, cioè dall’inizio del Programma Erasmus+ Vet, sono stati 31mila i partecipanti. Negli anni è cresciuta anche la richiesta di volare all’estero per lavorare, con programmi finanziati: in questi ultimi 5 anni, infatti, ben 25mila giovani hanno scelto di svolgere tirocini presso aziende europee e circa 2.500 tra docenti, formatori e tutor sono stati coinvolti in progetti sull’apprendimento e sull’insegnamento all’estero. 3.510 i progetti presentati: 2.211 per motivi di studio e apprendimento e 1.299 per il "partenariato strategico" a fini lavorativi.

Le abilità digitali sono in cima alle competenze rafforzate con Erasmus+. Il personale accademico che ha preso parte ad Erasmus+ è infatti più incline a coinvolgere il mondo aziendale nei propri corsi rispetto agli omologhi non mobili (circa il 60% rispetto al 40%). Oltre l’80% degli accademici riferisce poi che l’esperienza all’estero ha portato allo sviluppo di programmi di studio più innovativi. Positivo anche l’impatto di Erasmus+ su inclusione sociale e identità europea: due università partecipanti su tre hanno dichiarato che i progetti europei contribuiscono a evitare la discriminazione, e oltre il 90% dei giovani afferma di aver migliorato la capacità di lavorare con persone di culture diverse.

L’Italia è tra i paesi che riceve più viaggi in entrata. È, infatti, il quarto paese europeo più popolare tra le persone che aderiscono ad Erasmus+, dopo Regno Unito, Spagna e Germania. La dotazione finanziaria destinata all’Italia, per il 2019, è stata di 54 milioni di euro, praticamente il 20% in più rispetto al 2018. I finanziamenti sono serviti a supportare 168 progetti. Il 2019 è stato caratterizzato da una partecipazione sempre più vasta di persone con disabilità – aumentate rispetto all’anno scorso del 27,6% – e di persone in condizioni svantaggiate per cui si è registrato un vero e proprio boom: sono aumentate del 260% rispetto al 2018.