Martedì 23 Aprile 2024

Era un dono del padre Violetta Caprotti, il giallo del diamante "Sostituito con un falso"

Milano, contenzioso per l’anello che vale circa 3,5 milioni. La donna accusa: "Ho portato l’originale a riparare in gioielleria" . La boutique replica: "No, qui è arrivata solo la copia della pietra"

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di Mario Consani

MILANO

Un diamante non è per sempre: in questo caso la pietra preziosa, valore stimato di circa 3 milioni e mezzo di euro, è stata sostituita con una falsa. C’è la denuncia di chi possedeva il gioiello, ossia Violetta Caprotti, figlia di Bernardo, lo storico fondatore dei supermercati Esselunga, morto nel 2016. E c’è anche un contenzioso tra la donna e il rivenditore, niente meno che la boutique Cartier di via Montenapoleone, cuore del lusso cittadino. È questo il mistero dunque - un furto, oppure una truffa - su cui stanno lavorando da mesi gli inquirenti milanesi, un’inchiesta aperta per scoprire chi si sia portato via quel diamante di così grande valore.

Ieri negli uffici della Procura è stata sentita come testimone e denunciante proprio Violetta Caprotti, accompagnata dai suoi legali. Stando a quanto è filtrato di un’indagine che viaggia sotto traccia almeno dalla primavera scorsa, coordinata dal “pool truffe“ e condotta dalla polizia giudiziaria della Procura, Caprotti aveva portato il diamante, incastonato in un anello, dal rivenditore presso il quale era stato acquistato in passato (un regalo del padre, di grande valore anche affettivo) per far cambiare la montatura. I responsabili del negozio, però, l’hanno contattata, quando hanno iniziato a lavorare sul diamante, per dirle che era falso.

L’indagine sarebbe nata proprio da un contenzioso tra Violetta Caprotti e il rivenditore che, tuttavia, ha sempre sostenuto che quel diamante era arrivato in negozio già falso. Gli inquirenti ora stanno indagando per capire quando sia stato sostituito e da chi. Pare che le uniche certezze in questa vicenda al momento siano due: la figlia di Caprotti possedeva una pietra indubbiamente vera ma quella che le è rimasta in mano, ad un certo punto, è un falso. Il fascicolo allo stato sarebbe a carico di ignoti e si indaga anche per sapere se si sia trattato di un furto o di una truffa.

Chissà cosa penserebbe di questa storia il vecchio Bernardo, il padre di Violetta, che nel 1957 tirò su il primo supermercato al posto di una vecchia officina in viale Regina Giovanna, due passi da Porta Venezia in città. Scomparso all’età di 90 anni nel 2016, erede di una florida azienda tessile, da giovane aveva passato un anno negli States per formarsi come manager e lì avrebbe avuto l’ispirazione, si racconta, per quella che sarebbe diventata "la grande Esse". La pubblicità di lancio nel lontano ’57 recitava così: "La spesa è uguale per tutti", nasceva ufficialmente il colosso Esselunga.

Al timone restò sempre lui e in vecchiaia, per non far torti a nessuno, il fondatore intestò ai tre figli, in parti uguali, il 92% dei supermercati. Poi, però, "licenziò" il primogenito Giuseppe dalla carica di ad e riprese personalmente le redini dell’azienda, aprendo così ufficialmente la guerra. In seguito alla scia di accuse e controaccuse che si scatenarono in famiglia, Caprotti finì per togliere i mandati a tutti figli riprendendosi la piena ed esclusiva proprietà della societa. I due figli Giuseppe e Violetta arrivarono fino alla Cassazione, che però bocciò definitivamente i loro ricorsi. E così il vecchio Bernardo rimase fino alla fine padrone indiscusso della propria creatura Esselunga.