Saman era stata avvisata: se torni a casa rischi la vita

I servizi sociali avevano messo in guardia la pachistana del pericolo. L’ultimo video: il papà ha lo zainetto della figlia ma lei è sparita

Le ricerche di Saman

Le ricerche di Saman

"Se torni a casa rischi di essere portata forzatamente in Pakistan in una località inaccessibile. O che ti ammazzino". Saman era stata avvertita. Ma non ha ascoltato quell’invito dei servizi sociali del Comune di Novellara, luogo da cui la 18enne d’origine pachistana è scomparsa da oltre un mese. E dove si presume essere stata ammazzata dalla famiglia per essersi opposta a un matrimonio combinato col cugino. Un’esortazione che non poteva diventare obbligo, spiega la sindaca Elena Carletti in merito all’allontanamento volontario dalla comunità bolognese nella quale era stata collocata dopo aver denunciato i genitori nell’ottobre scorso per le nozze forzate.

Nelle foto la 'colpa' di Saman

"Nessuno poteva obbligare la ragazza a rimanere in comunità senza la sua volontà né impedirle di far ritorno nella casa dei genitori visto il raggiungimento della maggiore età. I servizi sociali le hanno ripetutamente spiegato i rischi legati alla sua condizione e quelli che poteva correre". E allora perché Saman ha deciso di tornare comunque a casa, uscendo dal regime di protezione, quel maledetto 11 aprile? Il mistero resta. Forse un ultimo tentativo disperato, di riappacificazione con la famiglia. Spiegando che amava un altro uomo. Il fidanzato ‘segreto’, un connazionale non accettato dai genitori di cui si è parlato nei giorni scorsi.

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Avrebbe voluto scappare con lui e vivere liberamente la sua storia. Un disonore che gli Abbas non avrebbero mai accettato. E dopo discussioni e una probabile segregazione in casa in quei venti giorni di ‘vuoto’, avrebbero pianificato il delitto.

Ad avvalorare la tesi dell’omicidio sostenuta dalla Procura, spunta un ulteriore dettaglio di cui ha dato notizia SkyTg24. È la continuazione del filmato acquisito dalle telecamere di sorveglianza nei pressi dell’abitazione di famiglia. È il 30 aprile, la data del presunto delitto. Nella sequenza, le immagini ritraggono Saman uscire – con uno zaino di colore chiaro in spalla – coi genitori, andando dietro casa. Qui – secondo gli investigatori – sarebbe stata consegnata allo zio, ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio.

Passano dieci minuti e i genitori rientrano in casa, comparendo davanti alle telecamere, senza Saman. Il padre, poco dopo, esce ancora di casa, si dirige ancora nei campi e ritorna nuovamente nell’abitazione. Ma stavolta con lo zainetto che indossava la figlia poco prima. In quel lasso di tempo i carabinieri pensano che la giovane sia stata ammazzata. E il suo corpo poi occultato nella zona agricola, chissà dove.

Anche ieri le ricerche non hanno dato esito e nei prossimi giorni si chiederà aiuto alla tecnologia: un elettromagnetometro in grado di scandagliare il sottosuolo in profondità. Intanto sul fronte giudiziario, il pm attende di fissare l’incidente probatorio per ascoltare il fratello 16enne che avrebbe confidato agli inquirenti che ad ammazzare Saman sarebbe stato lo zio Danish Hasnain, 33 anni. L’uomo, con due cugini (uno arrestato domenica scorsa in Francia, in corso di estradizione per l’interrogatorio) è il protagonista del video del 29 aprile: il gruppo con pale e secchi va verso la campagna, probabilmente a preparare il luogo dove celare il corpo.

Tutti e tre indagati. Così come i genitori Shabbar, 46 anni e Nazia Shaheen, 47 anni, già dai primi di maggio rifugiati in Pakistan, in un villaggio vicino a Gurudwara, nella provincia di Lahore, nel Punjab. Una zona rurale dove i "delitti d’onore" sono frequenti secondo l’antica e brutale mentalità islamica che di religioso in realtà non ha nulla.