Mercoledì 24 Aprile 2024

Era laureata e parlava sei lingue La triste fine della clochard

L’infanzia in orfanotrofio in Moldavia poi l’Italia. Il tracollo dopo la fine. del matrimonio

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di Emanuele Baldi

Chissà se prima di chiudere gli occhi nel suo letto dell’ospedale fiorentino di Careggi, dilaniata da una cirrosi epatica che i suoi falsi amici, quei cartoni di vinaccio da discount che buttava giù per scacciare i suoi spettri, Viorica avrà ripensato un’ultima volta ai suoi gatti, ai suoi fiori. A quei fiori che coltivava con amore innocente e pulito, nel giardinetto fuori dalla stamberga in cui dimorava a due passi dal nosocomio della città.

Una risposta colorata al buio sempiterno della sua anima, sbranata da un’infanzia triste, gelida e fangosa, obnubilata dai primi forti sorsi d’alcol brucia stomaco buttato giù per sfuggire al dolore livido della sua Moldavia. Se n’è andata a 45 anni Viorica, la clochard dolce e colta – sei lingue e una laurea – che tutti a Careggi conoscevano e provavano ad aiutare, insieme ai servizi sociali. "Dai, vieni via di qua. Vieni in una struttura calda Viorica". Ma lei sorrideva, accarezzava i suoi gatti e diceva "No, grazie". Era cresciuta in un orfanotrofio poi era uscita, credeva di aver trovato la via per la vita ma aveva trovato solo una zia che l’aveva costretta ad abortire. Quindi la fuga in Italia. Milano, poi Rimini. Un matrimonio a pezzi, la fuga a Firenze. E il vino. Il vino e ancora il vino. Quando non le confondeva la testa e le impastava le parole Viorica diceva cose bellissime. Parlava, raccontava. Mille storie in rumeno, in russo, in inglese.

C’è un lampo nella sua vita, una ’sliding doors’ che avrebbe potuto cambiare il suo destino. Tramite i servizi sociali Viorica trova un posto come cassiera in un supermercato. Si rimette a posto. Unghie curate, laccate. Un bel rossetto, i capelli lisci, di nuovo sorrisi.

Ma il buio a volte è una condizione, altre volte un destino. Così la donna va a sbattere in motorino, deve lasciare il lavoro e ricomincia a bere. Ancora in quella baracca, ancora nella pece. Senza un disegno a seguire la traiettoria beffarda del destino. I servizi sociali ci riprovano. C’è chi le porta qualcosa da mangiare, dei soldi. Ma lei finisce sempre lì, aggrappata alla bottiglia. Fino all’ultimo giorno.