Giovedì 25 Aprile 2024

Era la Svizzera del Medioriente Ora il Libano sprofonda nel buio

Senza elettricità: centrali chiuse e autorità senza soldi per l’energia. Ospedali paralizzati e produzione in tilt

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di Lorenzo Bianchi

Il Libano sprofonda nel buio. La rete elettrica pubblica è ferma dalle 12 di ieri. Le centrali di Deir Aamar, nel nord, e di Zahrani, nel sud, sono rimaste senza una goccia di gasolio. La capacità di produzione, ammette l’ente elettrico statale Edl, è piombata sotto i 270 megawatt. A Tripoli, a nord di Beirut, gli abitanti infuriati hanno bloccato le strade con le auto e hanno incendiato pneumatici. Nelle loro case manca anche l’acqua. Ai distributori di benzina si sono formate file lunghe diversi chilometri che hanno innescato scontri e violenze. Gli ospedali rischiano la paralisi e la produzione è bloccata. In agosto 20 persone sono morte e 79 sono rimaste ferite dopo l’esplosione di un serbatoio durante una distribuzione illegale di carburante nel nord del Paese. Il 20 settembre un’interruzione di corrente ha interrotto il voto di fiducia del Parlamento al nuovo primo ministro Najib Mikati. "Arriva appena un filo di corrente – spiega Marc Ayoub, ricercatore dell’Università americana di Beirut – e questa scarsità sta danneggiando la rete di distribuzione".

Un funzionario dell’Edl protetto dall’anonimato ha dichiarato all’agenzia Reuters che ritiene improbabile un ritorno della corrente prima di lunedì. L’ente elettrico pubblico ha spiegato che un carico di carburante "di categoria A" arriverà entro la serata di sabato (ieri, ndr), ma che potrà essere scaricato per alimentare le centrali di Zouk e di Jiyé solo all’inizio della prossima settimana. Nove giorni fa si erano fermate le due centrali galleggianti affittate a Karpowership, una filiale dell’operatore turco Karadeniz Holding, che assicurano circa un quarto delle capacità totali di Edl. Dal 1990, l’anno che segnò la fine di una guerra civile durata quindici anni, ogni dodici mesi la rete elettrica pubblica costa al tesoro libanese tre miliardi di dollari. Due anni fa la Banca del Libano, l’Istituto di credito centrale, è stata costretta a cancellare tutte le sovvenzioni sui carburanti e su altri generi di prima necessità. Molti privati hanno dovuto comprare costosi generatori. Gli Hezbollah, gli uomini in armi sciiti che dominano il Paese, hanno fatto arrivare petrolio dall’alleato Iran attraverso la Siria per canali clandestini. Oro nero ad alto contenuto di zolfo è stato fornito anche dall’Iraq in cambio di servizi medici. Secondo le stime dell’Onu il 78% della popolazione libanese vive in povertà. L’esplosione del 4 agosto 2020 al porto di Beirut ha provocato danni ingenti. Il 90% delle importazioni passava attraverso le banchine distrutte. Il 9 marzo 2020 il Libano ha alzato bandiera bianca e non ha pagato un eurobond in scadenza da 1,2 miliardi di dollari. Il Paese dei cedri potrebbe risollevarsi grazie ai giacimenti di gas naturale Tamar e Leviathan che si trovano al largo del suo territorio che confina con Israele. Il 14 ottobre 2020 a Naqoura un incontro preliminare nella sede della missione Unifil due dell’Onu ha dato il via alla trattativa con Gerusalemme. Secondo il quotidiano Al Arab il Libano potrebbe diventare il terzo produttore di gas naturale nel mondo arabo. Ma per ora questa è solo una prospettiva luminosa che fa balenare un ritorno dei tempi nei quali il Paese era conosciuto come la "Svizzera del Medio Oriente".

Ancora nel 2011 le sue banche private riuscivano a finanziare buona parte di un debito pubblico arrivato al 130% del Pil. Nei forzieri degli istituti di credito libanesi arrivavano soldi da tutto il mondo arabo e non solo. Un Eldorado, ribattezzato anche la Svizzera del Medioriente, che nel 1969 attrasse anche Felice Riva, detto Felicino, l’erede del gruppo tessile Vallesusa. A metà degli anni ’60 aveva bruciato il patrimonio di un’azienda-simbolo del miracolo economico italiano. Scelse un esilio confortevole con l’unica eccezione dei 50 giorni passati in un carcere libanese. Ma nel 1982, dopo il massacro di profughi palestinesi nel campo di Sabra e Shatila per mano delle unità cristiane di Elie Hobeika, gli hotel di lusso e le piscine diventarono campi di battaglia. Protetto da uno scudo impenetrabile di indulti, di amnistie e dalla cittadinanza libanese, Felicino si ritirò con i figli a Forte dei Marmi, mentre il Libano bruciava di nuovo.