Giovedì 18 Aprile 2024

Epatite dei bimbi, i due casi italiani L’Oms: "Può essere l’adenovirus"

Sono 169 i piccoli pazienti nel mondo, 17 i trapianti e una vittima. Nel nostro Paese già undici segnalazioni

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di Giulia Prosperetti

"Non è ancora chiaro se si sia verificato un aumento dei casi di epatite o un aumento della consapevolezza dei casi di epatite che si verificano al tasso previsto ma non vengono rilevati. L’adenovirus rimane un’ipotesi possibile, ma non spiega completamente la gravità del quadro clinico e, pertanto, proseguono le indagini per individuare l’agente eziologico". Dopo il focus sul Regno Unito pubblicato lo scorso 15 aprile, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) torna a fare il punto sull’epatite acuta e grave di origine sconosciuta che ha colpito in tutto il mondo almeno 169 bambini di età compresa tra 1 mese e 16 anni in 12 Paesi, portando in 17 casi a un trapianto di fegato e causando, ad oggi, una vittima.

Nel dettaglio al 21 aprile sono stati registrati 114 casi nel Regno Unito, 13 in Spagna, 12 in Israele, 9 negli Stati Uniti, 6 in Danimarca, meno di 5 in Irlanda, 4 nei Paesi Bassi, 4 in Italia, 2 in Norvegia, 2 in Francia, un caso in Romania e un’altro in Belgio. Il bilancio è in continuo aggiornamento e nella circolare diffusa sabato il ministero della Salute contava per l’Italia – in Abruzzo, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Marche, Sicilia, Toscana e Veneto – 11 segnalazioni di cui 2 casi confermati; 4 casi ‘sospetti’; 2 ‘possibili’ e altri 2 ’in corso di valutazione’. Tra questi la positività per adenovirus o per Sars-Cov-2 è stata per ora riscontrata solo in due casi sospetti.

Complessivamente l’Oms ha rilevato la presenza di adenovirus in 74 casi di epatite di cui 18 sono stati identificati come F 41 "un tipo di adenovirus mai collegato – sottolinea l’Oms – a tale presentazione clinica". Il Sars-CoV-2 è stato, invece, identificato in 20 casi e in 19 bambini è stata rilevata una coinfezione da Sars-CoV-2 e adenovirus.

"L’epatite acuta è molto frequente nei bambini ancora oggi anche se in maniera molto ridotta rispetto al passato. I casi che si identificano sono soltanto il picco di un iceberg, molte altre infezioni sono state probabilmente asintomatiche. Fino a vent’anni fa – spiega Donato Greco, infettivologo ed epidemiologo, già direttore generale della prevenzione al ministero della Salute e direttore del Cccm e componente del Cts – l’epatite era tutta aspecifica, non conosciuta, poi sono stati identificati i virus B, A, E, D. E qui ci siamo fermati. Ma è rimasta una piccola quota di epatiti, virali e acute, come nei casi emersi recentemente, che sono sicuramente infettive e virali ma per le quali non è stato mai identificato un agente eziologico specifico. Questo tenendo conto che l’infezione del fegato può essere la conseguenza di molte altre infezioni virali: molti virus potrebbero dare un’epatite, così come, per fare un esempio, molti virus possono causare la polmonite. Esiste quindi una quota di epatiti virali acute infantili che sono non identificate. Questa quota è più frequente nei bambini perché presumibilmente gli adulti si sono già ammalati in gran parte in maniera asintomatica, e hanno quindi l’immunità".

Per l’esperto è improbabile che alla base dei recenti casi di epatite vi sia un adenovirus che, tuttavia, potrebbe essere una concausa. "Il fatto che alcuni casi siano risultati positivi all’adenovirus – sottolinea Greco – non è determinante in quanto potrebbe trattarsi di una positività occasionale dal momento che tutti alberghiamo dei virus. L’adenovirus potrebbe, più probabilmente, essere una concausa anche perché se fosse la causa primaria tutti i bambini affetti da questa forma di epatite risulterebbero positivi. Un’altra ipotesi allo studio è che ci siano più agenti eziologici".

"Non siamo davanti a un cluster epidemico – assicura l’epidemiologo –. Ma è stata dimostrata la trasmissibilità di questa malattia, vi sono casi clusterizzati. Serve, dunque, osservazione e attenzione".