Giovedì 25 Aprile 2024

Entro aprile immunizzati gli over 80 "Chi salta la fila non ha coscienza"

Il premier se la prende con i furbetti del vaccino. La priorità è proteggere velocemente le categorie fragili

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di Giovanni Rossi

"Con che coscienza la gente salta la lista sapendo che lascia esposto a un rischio concreto di morte chi ha più di 75 anni?". Tra inviti etici e rassicurazioni sulle forniture, Mario Draghi prova a restituire fiducia alla campagna vaccinale. Dopo le irrisorie inoculazioni di Pasqua, il balletto dell’Ema sul caso AstraZeneca, le preoccupazioni delle Regioni, la rabbia di anziani e fragili che non si sentono tutelati, il presidente del Consiglio rilancia su tutta la linea: conferma il traguardo dei "500mila vaccini al giorno" (nonostante il probabile slittamento a fine aprile), preannuncia "una ordinanza del commissario Figliuolo" per vaccinare senza ulteriori ritardi "le classi a rischio", promette (insieme al professor Franco Locatelli che gli siede accanto) l’immunizzazione, "entro aprile, di tutta la popolazione che ha più di 80 anni e di gran parte degli over 75".

Nessun insormontabile problema di approvvigionamenti, secondo il premier. "In questa fase – sostiene – le dosi sono sufficienti" (e in recupero). Ma vanno distribuite a chi ne ha bisognio prioritario: non agli "psicologi di 35 anni" perché "operatori sanitari". Esemplifica: "Non voglio dire che il personale sanitario in prima linea non debba essere vaccinato", ma guai a "platee che si allargano". Questione di vita o di morte. "Perché il rischio di decesso è massimo per chi ha più di 75 anni. Tutto dipende da questo, quindi smettetela di vaccinare chi ha meno di 60 anni, i giovani, i ragazzi", è la strigliata.

Un esempio che potrebbe allargarsi a tante storture di questa campagna vaccinale che all’interno delle singole categorie – nessuna esclusa – non ha saputo differenziare. Ora Draghi da un lato prova a rassicurare le Regioni, dall’altro sceglie di metterle in competizione: "Gli eventi sono stati molto complicati, non ci sono responsabilità di una parte sola", è lo zuccherino ai governatori nel riconosciuto "clima di collaborazione". Adesso però scatta "una fase dirimente", così la definisce il premier: "Per le Regioni che sono molto avanti con fragili e i più vulnerabili sarà più facile riaprire". Una gara a premi.

Intanto massima vigilanza su Bruxelles: i futuri contratti di distribuzione "saranno fatti meglio, è la promessa, perché "negli anni a venire ci sarà bisogno di vaccinarsi ancora, a causa delle varianti virali". Il vaccino russo Sputnik? Il premier preferirebbe farne a meno. E spiega perché: "Bisogna vedere cosa dice l’Ema", anzitutto. Ma le capacità produttive di Mosca "sono molto limitate", e "se gli accordi verranno rispettati, l’Italia avrà già tutte le dosi che servono". Fa niente se la Germania "sta già procedendo con contratti": l’Italia – è il chiarissimo non detto – preferisce rinsaldare il rapporto con gli Stati Uniti da dove arriveranno le fiale Pfizer-BioNTech, Moderna, J&J che potranno trascinarci fuori della pandemia malgrado i ritardi. E poi c’è AstraZeneca, utilizzabile – nonostante le restrizioni – da una platea di "13 miliioni e 275mila utenti tra i 60 e i 79 anni, oltre che dai 2 milioni 270 mila hanno già ricevuto la prima dose", assicura il commissario all’emergenza. Ma le Regioni restano sul chi va là. E si aspettano riprogrammazioni perfettamente dettagliate. Che non le lascino esposte a dubbi e recriminazioni dei cittadini in coda.