Venerdì 19 Aprile 2024

Energia, lavoro E il dovere della concretezza

Piero

Fachin

Per carità, cercheremo di raccontare tutto. Dalla fine che farà l’agenda Draghi alla forma che prenderà l’agenda Letta, dal gioco delle alleanze nell’area del centro alla questione della leadership nel centrodestra. Vi diremo anche dei sussurri e delle grida di quel che resta di movimenti in rapida dissoluzione. Daremo voce ai protagonisti (e anche alle comparse) di una delle campagne elettorali più bizzarre della storia della Repubblica, con i comizi e la propoganda a due passi dagli ombrelloni. Cercheremo, insomma, di fare un po’ di ordine, anche se la politica in Italia oggi sembra il regno della confusione, dei veti, degli slogan gridati per nascondere riflessioni deboli. Pensiamoci: i toni già alti e i proclami bellicosi di questi giorni altro non sono che rumore di fondo. Perché i temi, quelli veri, sono altri, sono perfino altrove. Le pensioni, ad esempio. E poi il fisco, il lavoro, la sanità, l’energia, l’ambiente, le infrastrutture. È su questioni di questo calibro che l’Italia si gioca gran parte del futuro. E proprio sugli snodi cruciali abbiamo deciso di proporre, da oggi, la nostra inchiesta a puntate. Per affrontare, uno alla volta, i problemi reali, per mettere a punto non l’agenda di questo o quel gruppo politico, ma l’agenda degli italiani. Le pensioni, ad esempio. Un numero, per capirci: il 32% dei pensionati incassa una volta al mese un assegno che vale meno di mille euro. Tutti vogliono aumentarlo. La domanda è: come sarà possibile? Un’altra parola: ambiente. Basterà alla sacrosanta causa della transizione ecologica pensare di piantare un milione di alberi all’anno? Oppure sarà necessario cambiare totalmente approccio? Altra questione: l’energia. Che cos’hanno da proporci i partiti, mentre l’Europa riaccende le centrali a carbone? Davvero si può puntare soltanto sulle scelte green? O è arrivato il momento di ripensare al nucleare? La pandemia, poi la guerra: in anni densi di timori e incertezze un po’ di concretezza non farebbe male. Anche perché gli esperti avvertono: alle prossime elezioni vincerà l’astensionismo. Del resto, non si può pretendere partecipazione da chi non viene mai ascoltato.