Giovedì 25 Aprile 2024

Emilia-Romagna e Campania in arancione La Lombardia resta gialla, Perugia è rossa

Il passaggio a rischio intermedio da domani. Oggi le Regioni si riuniscono: in discussione il sistema dei colori. "Meglio restrizioni omogenee"

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di Alessandro Farruggia

Campania, Emilia-Romagna e Molise da domani passano in zona arancione e vanno ad aggiungersi a Abruzzo, Liguria, Toscana, Umbria, province autonome di Trento e Bolzano, dove già sono chiusi bar e ristoranti per tutta la giornata ed è possibile spostarsi dal proprio comune solo per motivi di lavoro, salute e necessità. Restano in zona gialla, nonostante i timori, le altre regioni in bilico: le Marche, la Lombardia, il Lazio, il Friuli-Venezia Giulia. Niente da fare, per ora, per l’upgrade della Val D’Aosta a zona bianca. Nelle zone dove è stata individuata una maggiore diffusione delle varianti sono però già scattati lockdown locali, con ordinanze dei governatori: se le varianti Covid avanzeranno come si teme, probabile che se ne aggiungeranno altre.

In zona rossa decisa dagli enti locali sono oggi l’intera provincia di Bolzano (fino al 28 febbraio), la provincia di Perugia e i comune di San Venanzo in provincia di Terni (fino al 28 febbraio), le provincie di Pescara e Chieti, 28 comuni del basso Molise, quattro in Lombardia, i piccoli comuni di Re in Val Vigezzo (Piemonte) e Roccagorga in provincia di Latina (Lazio). L’ordinanza che limita gli spostamenti in entrata e in uscita dalla provincia di Ancona, che scade alla mezzanotte di oggi, sarà molto probabilmente prorogata oggi stesso per una settimana. Chiusi, in Toscana, non è invece più zona rossa da 7 giorni. Il Viminale intensificherà nel weekend i controlli nelle zone della movida e nei parchi attuando anche chiusure di strade a piazze come è avvenuto ieri a Trastevere e San Lorenzo a Roma. Grande attenzione anche a Milano, Torino, Bologna, Firenze, Ancona, Bari.

Da alcune regioni – in particolare dall’Emilia-Romagna, appena tornata zona arancione – viene la richiesta di ripensare il sistema delle fasce a colori. "Credo che con l’arrivo delle varianti serva una valutazione diversa – dice Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna e della conferenza delle Regioni – sarebbe il caso di discutere fra governo e regioni, ne ho già parlato con i ministri Gelmini e Speranza, per capire se non valga la pena una restrizione omogenea di qualche settimana. Mi chiedo se questo saliscendi, con il cambio di colore delle regioni, alla luce delle varianti, non abbia qualche pecca che si può risolvere".

Bonaccini ha convocato per oggi pomeriggio la Conferenza delle Regioni che discuterà sulla possibilità di presentare una proposta unitaria in merito.

A quanto pare ci sono favorevoli e contrari. "Sostengo questa impostazione da sempre – concorda il governatore della Lombardia Attilio Fontana –. Ritengo ci sia la necessità di misure meno draconiane, ma probabilmente per uno spazio di tempo maggiore per evitare chiusure e aperture senza dare certezze alle attività e ai cittadini". Ok anche dalla Toscana. "Ne parlavamo da tempo, è più che plausibile che Bonaccini ponga il problema" dice il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani.

Ma altri governatori non sono d’accordo. Il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti boccia la proposta: "No a restrizioni omogenee, sì a un sistema di maggiore duttilità per le zone di rischio Covid delle regioni, anche introducendo zone di dimensioni diverse da quelle delle regioni stesse". Con Toti ci sarebbero anche Lazio, Val D’Aosta, Sardegna e Sicilia.

Di sicuro al ministro della Salute non sono favorevoli a una messa in discussione del sistema delle fasce "che ci sta garantendo restrizioni minori, e più graduate, rispetti ai principali paesi europei", ma il premier Mario Draghi deve ancora esprimesi sul tema e si prevede che possa farlo nel prossimo consiglio dei ministri, la prossima settimana. Possibile che si introducano alcune modifiche, ma il sistema delle fasce colorate dovrebbe restare. Di certo la prossima settimana si inizierà anche a parlare del prossimo Dpcm, che scade il 5 marzo. La linea del governo – espressamente voluta da Draghi – è quella di una ampia discussione preventiva con le Regioni, senza decisioni calate dall’alto.