di Massimo Donelli C’erano una volta la Prima Repubblica, la Lira, la svalutazione e l’inflazione (che il balzo di ieri al 6,7%, come nel 1991, ha riportato improvvisamente alla ribalta). Quattro gambe del traballante tavolo al quale ci siamo accomodati, noi nati nel Dopoguerra, per anni e anni seduti su quattro comode sedie: la Democrazia cristiana (Dc), il Partito socialista italiano (Psi), il Partito socialdemocratico italiano (Psdi) e il Partito repubblicano italiano (Pri). I governi cadevano come le foglie d’autunno. E c’era anche il modello balneare, ossia un esecutivo che doveva traghettare il Paese d’estate verso tempi (politici) migliori. Non esistevano gli sguaiati talk show. E nemmeno i maleducati social. Gli onorevoli ruotavano in tv di tanto in tanto, uno per volta, sedendosi accanto a un compostissimo conduttore Rai (Jader Jacobelli e Ugo Zatterin i più famosi) per essere intervistati da compostissimi giornalisti parlamentari. L’inflazione era una costante della nostra vita, ma non ce ne curavamo più di tanto, nemmeno quando nel 1980 arrivò al 21,2%. Perché, da una parte, la Banca d’Italia si affrettava a svalutare la Lira, così l’export ripartiva alla grandissima e i conti, più o meno, tornavano. Dall’altra, il popolo tirava momentaneamente la cinghia e andava avanti a cambiali. Ho, a tale proposito, un ricordo personale. Volevamo vendere la Fiat 850, di cui avevano pagato tutte le rate, per acquistare, sempre a rate, una Fiat 128 usata. Il concessionario si accorse che, nonostante il debito fosse stato onorato, l’ipoteca non era stata cancellata. Che fare? "Dovete recuperare le ricevute di tutte le cambiali e portarle dal notaio. Le avete?". Mio padre chiese di poter fare una telefonata e chiamò mia madre: "Hai tenuto le cambiali dell’850?". Risposta: "Se avessi dovuto tenere tutte le cambiali che abbiamo fatto ci voleva una stanza…". Dialogo in dialetto genovese – allora si parlavano ancora i ...
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