Giovedì 18 Aprile 2024

Effetto Durigon, Lega divisa Faglia tra padani e salviniani

Il leader vuole l’ex sottosegretario come suo vice ma il partito si spacca . I governatori del Nord fanno muro contro la nuova linea troppo a destra

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di Ettore Maria Colombo

Lui, il povero Claudione Durigon, è un po’ abbacchiato, e si capisce, ma una volta che ha buttato giù l’amaro boccone delle dimissioni, ieri non ha perso l’occasione, con una lettera alla Festa "La Piazza" del giornale on-line Affari-italiani.it, da un lato di far sapere che intende "dedicare un po’ di tempo alla famiglia" ma anche che vuole continuare a occuparsi, non più da sottosegretario al Mef, dei "temi che più mi stanno a cuore". E per un ex sindacalista (Durigon era a capo dell’Ugl, portata in dote, armi e bagagli, uffici compresi, a Salvini) i temi che stanno a cuore sempre quelli sono: "Quota 100 e la rottamazione delle cartelle esattoriali". Poi, ovviamente, Durigon si sente "pronto a investire tempo ed energie anche per Latina, Roma e per altre battaglie importanti. Non solo quella delle pensioni, per evitare il ritorno alla legge Fornero, ma anche la rottamazione di decine di milioni di cartelle esattoriali o per i referendum sulla Giustizia".

Per lui, però, Salvini – che lo ha obbligato a quel doloroso passo indietro dal governo che Claudione proprio non voleva fare e che, al suo posto, dovrebbe vedere il ligure Edoardo Rixi – ha in serbo ben altro. E cioè una bella nomina a nuovo vicesegretario della Lega. Un incarico politico che farebbe crescere, dentro la Lega, non solo il peso politico di Durigon, ma anche quello dei non leghisti, cioè di tutti quelli che, in Lega, sono entrati solo e soltanto grazie a Salvini. E negli anni d’oro in cui la Lega veleggiava intorno al 30% dei consensi e stava al governo, ma con i 5Stelle. Bei tempi, ormai assai passati, con FdI a un fiato dalla Lega, 20% nei sondaggi.

Al netto del fatto che un posto da vicesegretario, in un partito verticale come la Lega, non si nega a nessuno (oggi sono tre: Giorgetti, Fontana, Crippa e c’è pure un coordinatore, Calderoli), Salvini vuole, in questo modo, riaffermare che, da un lato, lui non li abbandona i suoi uomini e, dall’altro, ribadire che gli homines nuovi della ‘Lega Salvini Premier’ (la Lega Nord è rimasto un guscio vuoto) lui li valorizza e premia, nonostante tutto.

Il problema, però, per i vecchi leghisti, sono proprio i nuovi, e cioè "i fascisti", come li chiamano a mezza bocca, e cioè i salviniani. Ora, stabilito anche che i vecchi amanti della Padania hanno in grande disprezzo pure i democristi (e Salvini ne sta imbarcando tanti, tutti campioni di preferenze, quasi tutti al Sud), resta il punto. Nella Lega convivono (male) due anime. Quella originaria, padana, che vive nelle regioni del Nord e che vede nei governatori del Veneto (Zaia), del Friuli (Fedriga) e della Lombardia (Fontana) i suoi migliori campioni, oltre che eredi della vecchia Lega "antifascista".

E quella nuova, che gravita al sud, ma anche molto vicina all’estrema destra italica, che ha visto imbarcare, negli anni, personalità come i ‘no Euro’ – e, oggi, pure ‘no Green Pass’ – Claudio Borghi e Alberto Bagnai, gli eurodeputati Angelo Maria Rinaldi e Susanna Ceccardi, l’ex viceministro Armando Siri e l’ultra-cattolico Simone Pillon. Gente che, ai vecchi leghisti piace né poco né punto, ecco. Per non dire dei giorgettiani, nel senso di Giancarlo Giorgetti, che non vedono l’ora di trasformare la Lega in un partito moderato e iscriverlo pure al PPE, cosa che ai nuovi ripugna. Un dissidio destinato, in futuro, ad aumentare.