Ecco perché l’Italia non può perdere Draghi

Raffaele

Marmo

L’Italia non può perdere una personalità come Mario Draghi per le bizze da decimale in più dei grillini o per le ansie da prestazione elettorale di qualche altro leader. L’ex numero uno della Bce, anche se "ne ha piene le tasche", deve restare a Palazzo Chigi. Per quello che si chiama "interesse nazionale".

Il premier ha tutto il diritto di non farsi logorare da veti, capricci, paletti e diktat di leader e partiti. E, dunque, ha fatto bene a dire basta di fronte alle spericolate operazioni propagandistiche dell’ex avvocato del popolo e dei suoi avventurosi compagni di partito. Così come fa bene a dettare le condizioni necessarie per rimanere al suo posto e andare avanti. Ma c’è da augurarsi (e siamo sicuri che accadrà) che il signor "whatever it takes" tenga bene in vista anche l’ampia lista di buone ragioni per le quali è immaginabile che la maggioranza degli italiani voglia che continui a guidare il governo del Paese.

E’ bastato l’avviso di crisi per far salire lo spread e far crollare la Borsa. Ma il "delta Draghi" vale per decine di altri dossier: dall’attuazione del Pnrr all’emergenza sociale, dall’inflazione alla manovra, dall’energia alla pandemia. Senza contare la politica europea e internazionale dominate dal conflitto russo-ucraino. E, anzi, è del tutto evidente che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, avrà evocato, nel colloquio al Quirinale, anche questo scenario di preoccupazione. Così come è altrettanto certo come a Palazzo Chigi siano arrivate tutte le telefonate "giuste" dei leader mondiali che oggi fronteggiano la minaccia di Putin. Perché, come nella Prima Repubblica giocò un ruolo decisivo per la stabilità dei governi il "fattore K", secondo la formula coniata da Alberto Ronchey, oggi non possiamo non sentire il peso del "fattore P".