Giovedì 25 Aprile 2024

"Ecco dove è cresciuto vostro padre" La vedova di Kobe e le figlie in Italia

Nei luoghi del cuore della star Nba che ha vissuto nel nostro Paese fino al 1991. Il pellegrinaggio inizia da Reggio Calabria

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Sulle tracce del marito e del papà: per scoprire com’era Kobe Bryant quando era un ragazzino con in testa il sogno di diventare più bravo di papà Joe e giocare nella Nba. È una sorta di pellegrinaggio laico quello che ha intrapreso Vanessa Laine, 40 anni, vedova di Kobe che ha deciso di portare con sé le tre figlie, Natalia Diamante (nata nel 2003), Bianka Bella (2016) e Capri Kobe (2019). La quarta figlia, Gianna Maria, quella che aveva ereditato da papà il talento per i canestri, è scomparsa il 26 gennaio 2020, nello stesso incidente che ha portato via Kobe.

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Il pellegrinaggio intrapreso da Vanessa è cominciato nei mesi scorsi da Philadelphia, dove Kobe era nato il 23 agosto 1978, e ora si è spostato in Italia. Perché Kobe, dal 1984 al 1991, è stato nel nostro Paese, al seguito di papà Joe, detto Jellybean. "Ho visitato Reggio Calabria – il post di Vanessa –, una città in cui mio marito ha vissuto quando aveva otto anni". Poi la foto del cosiddetto Lungomare Falcomatà, immagini sorridenti.

Ma il luogo che più amava Kobe, forse, era il PalaPentimele. Prima ancora che lo Staples Center di Los Angeles diventasse il suo tempio, Kobe si divertiva a mettersi in mostra al palasport di Reggio Calabria. Facendo impazzire Santi Puglisi, allenatore e dirigente che, dopo l’esperienza di Reggio, sarebbe approdato prima a Pesaro (Scavolini) e poi a Bologna (Fortitudo). Puglisi lo doveva rincorrere perché, nell’intervallo tra un tempo e l’altro delle partite della Viola Reggio Calabria, Kobe si appropriava di un pallone. E cominciava a fare canestro da posizioni incredibili. Come poi avrebbe fatto, un giorno, tornato negli States e diventato professionista.

Reggio Calabria forse la prima tappa di un lungo viaggio in Italia. Che Kobe amasse il nostro Paese lo dimostrano i nomi delle sue quattro ragazze, la passione per il Milan (cresciuto nel mito di Marco Van Basten e, da professionista affermato, quando poteva raggiungeva Milanello) e per la pasta. Nonché la capacità di parlare italiano, quasi il dialetto. Ecco perché il tour di Vanessa e delle tre figlie di Kobe potrebbe presto spostarsi prima a Pistoia e poi in Emilia, nell’altra Reggio. Già, perché Kobe ha sempre seguito papà Joe. E a Pistoia come a Reggio Emilia, ha lasciato tanti amici, con i quali è cresciuto, spalla a spalla, con un pallone da basket tra le mani.

Aveva cominciato nelle giovanili di Reggio Emilia, come ricorda l’amico fraterno Cristopher Goldman Ward, che gli ha dedicato un libro, nei mesi scorsi. Un volume nel quale si scopre l’altra faccia dell’asso dei Lakers e della Nba. Il bambino, anzi, il ragazzino che viene sgridato da una suora in un istituto di Reggio Emilia. L’adolescente che vede il PalaBigi come il trampolino di lancio per diventare un professionista, capace di dare spettacolo e vincere nella Nba. A quel punto, più che imitare papà Jellybean (oltre seicento gare nella Nba, tra Philadelphia, San Diego e Houston), Kobe cercò di prendere esempio dal migliore (Michael Jordan) e diventare a sua volta il più grande.

Prima del Kobe professionista maniacale dei canestri, c’è stato il ragazzino che giocava interminabili uno contro uno. Che amava i videogiochi e, anche lì, non voleva essere secondo a nessuno. Vanessa si è fatta carico di tutto questo. È in uscita il documentario ’Kobe – Una storia italiana’, ma Vanessa ha voluto mostrare tutte le sfaccettature del giovane Kobe alle sue figlie. Perché Natalia Diamante, Bianka Bella e Capri Kobe (soprattutto quest’ultima, che non aveva nemmeno un anno quando papà morì) possano trovare la loro strada. Grazie ai racconti di mamma Vanessa, alla quale babbo (alla toscana) Kobe aveva raccontato, con toni entusiasti, le sue stagioni tricolori. Quelle di un ragazzino eccezionale che sarebbe diventato un’icona Nba.