E la Svizzera vota il referendum per vietare il burqa

Burqa o non burqa: oltre dieci anni dopo il clamoroso voto sul divieto dei minareti, gli svizzeri sono chiamati alle urne domenica prossima, 7 marzo, per pronunciarsi sul divieto di indossare il velo integrale in pubblico. Benché denominata genericamente "Sì al divieto di nascondere il viso", l’iniziativa popolare ha nel mirino l’islam e le donne che indossano il burqa o il niqab. I manifesti nelle strade sono infatti espliciti e ritraggono una donna con il niqab con slogan che esortano a "fermare l’estremismo". L’iniziativa gode del pieno appoggio del partito della destra conservatrice UDC, prima formazione politica del Paese. È invece osteggiata dal governo e dalla maggioranza del parlamento. Il testo affronta tuttavia un tema controverso che divide da anni e tende a scomporre i fronti, con favorevoli e contrari a destra e a sinistra, tra le donne ed anche tra i musulmani. Il sostegno all’iniziativa si è eroso durante l’accesa campagna: mentre i Sì erano in vantaggio a gennaio, un mese dopo i sostenitori del testo risultano al 49%. Il referendum anti-burqa è stato lanciato dal comitato di Egerkingen, già all’origine dell’iniziativa anti-minareti approvata dagli elettori svizzeri nel 2009, che riunisce esponenti della destra conservatrice. Per i promotori del testo, il velo integrale è un simbolo dell’islam politico, della sua volontà di proselitismo nonché l’espressione di un’inaccettabile sottomissione della donna.

L’iniziativa chiede una modifica della Costituzione per introdurre il divieto generale di nascondere il viso in pubblico ed è stata depositata nel 2017 con oltre 105.000 firme a sostegno. Paradossalmente la votazione si svolgerà in piena pandemia, con l’obbligo di indossare mascherine facciali in tutti i luoghi pubblici, un’eccezione sanitaria prevista dal testo in votazione.