Martedì 23 Aprile 2024

Due anni per la morte di Luana "La vita di mia figlia valeva di più"

Patteggiano i titolari della fabbrica in cui la 22enne fu uccisa dall’orditoio. La mamma: "Ho il cuore a pezzi"

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di Elisa Capobianco

"La mia Luana è morta un’altra volta". Emma Marrazzo lo dice a mezza voce con lo sguardo fisso verso un orizzonte che non c’è più. L’amarezza quasi toglie il respiro alla mamma dell’operaia stritolata a 22 anni dall’orditoio a cui stava lavorando. L’udienza preliminare davanti al tribunale di Prato per l’omicidio colposo di sua figlia si è conclusa con un patteggiamento – a due anni per la titolare della ditta e a un anno e mezzo per il marito – e un rinvio a giudizio per il tecnico manutentore.

Come ha accolto questa decisione?

"Stiamo vivendo una situazione paradossale. Sono delusa, amareggiata, ho il cuore a pezzi. Mi aspettavo qualcosa di diverso, una pena esemplare che potesse fare da monito agli imprenditori. Non ho mai cercato vendetta, volevo soltanto giustizia. Giustizia per mia figlia e per la sua famiglia. Invece niente, non c’è stato rispetto. La sua vita non vale due anni...".

La tragedia di Luana ha commosso l’Italia. Sua figlia è diventata un simbolo nella lotta per la sicurezza sul lavoro.

"Così credevo anch’io. Ma dopo questa sentenza mi chiedo e chiedo a tutti voi che cosa abbia rappresentato davvero la sua morte, il sacrificio di questa giovane madre. Luana un simbolo? E di che cosa? Qualcuno in questi mesi difficili mi ha detto che non saremmo riusciti a cambiare le cose, che il ’sistema’ funziona da sempre così. A quanto pare aveva ragione. Oggi è stata scritta una brutta pagina per l’intero Paese".

Perché?

"Il rischio è che alla gente possa arrivare un messaggio pericoloso. Secondo me, è quasi come dire che da domani si potranno togliere i sistemi di sicurezza installati fino a ieri nelle aziende. Insomma, le regole ci sono, ma in realtà non importa rispettarle. E i lavoratori continuano a morire: non c’è stata tregua, prima e dopo Luana. Chi pagherà per questa atrocità? A Luana è stata data in mano una pistola carica, a lei che era appena una ragazzina. Per la legge però pare non sia stata colpa di nessuno. Anzi, alla fine la colpa è di mia figlia che è morta. Può darsi che gli operai italiani ormai debbano mettere in conto l’eventualità di non tornare a casa dopo un turno in fabbrica... Adesso mi auguro che il nuovo ministro della Giustizia possa rivedere la legge per gli infortuni sul lavoro perché c’è qualcosa che non funziona. Mi resta questa ultima speranza. Intanto continuerò la mia campagna nelle scuole di Pistoia e della Toscana, tra i giovani, per ricordar loro di difendere il diritto alla vita".

A chi ha pensato in quell’aula?

"Alla mia Luana, a quanto sarà arrabbiata in questo momento. Era una ragazza speciale: leale, sincera, non sapeva dire di no perché aveva rispetto delle persone più grandi e di chi le avrebbe dovuto insegnare il mestiere. Ecco come è stata ricompensata! Io al cimitero non riesco neppure ad avvicinarmi perché scaverei nella terra con le mie mani per riportarla via con me. Mi è toccato andare a scegliere la lapide per lei, invece di accompagnarla a cercare l’abito da sposa come tutte le mamme del mondo. Sopravvivo mettendomi una maschera, ogni giorno trovo la forza per il mio nipotino".

Che cosa vuol fare adesso?

"Cercherò di andare avanti con tutte le domande che restano ancora aperte. E con un desiderio: sentirei l’incontenibile voglia di stampare le gigantografie del corpo di Luana dopo che è stato risucchiata da quel diabolico rullo e tappezzare con quegli scatti tutte le città d’Italia. Le foto di lei dentro e fuori, una volta liberata dai soccorritori. Perché forse qualcuno, in quell’aula di tribunale, quelle foto non le ha guardate bene. Sono abituati tutti a vedere le foto belle di mia figlia, in cui sorride felice. Io so come sono quelle altre, ce le ho impresse nell’anima".