Covid, due anni fa la scoperta in Italia. La biologa: "Così isolammo il virus"

Maria Rosaria Capobianchi guidava la Virologia dello Spallanzani. Il caso della coppia cinese

Maria Rosaria Capobianchi

Maria Rosaria Capobianchi

Il suo nome resterà per sempre legato alla battaglia contro il Covid. La mattina del 31 gennaio 2020 le immagini trasmesse dai tg tradirono tutto l’entusiasmo e l’orgoglio della professoressa Maria Rosaria Capobianchi nell’annunciare l’isolamento del virus da parte della equipe di Virologia che allora dirigeva allo Spallanzani. Per quel risultato è stata nominata Cavaliere al merito della Repubblica.

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A due anni di distanza da quella impresa alla scienziata 68enne, oggi in pensione, trema ancora la voce nel ricordare "i messaggini WhatsApp dei miei collaboratori, che mi aggiornavano sull’andamento del test sui campioni prelevati dalla coppia cinese ricoverata". O lo stress del marito che la notte dell’isolamento, "non riuscendo a prendere sonno per il susseguirsi di allert sul mio cellulare appoggiato sul comodino, continuava a rigirarsi nel letto. Una situazione protrattasi fino a quando la diagnosi di Covid non è diventata routine".

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Aver isolato il virus a molti sembrò nell’immediato il passo chiave per un’agile gestione del Covid e invece l’infezione non ci ha ancora mollato.

"Quello è stato un momento di svolta, non dimentichiamolo. Ha significato la possibilità di conoscere meglio il virus, di approntare gli elementi base per individuare una cura adeguata. Allora nessuno si sarebbe potuto immaginare che la pandemia sarebbe durata così a lungo".

Che cosa ci ha preso in contropiede?

"Premesso che il sistema sanitario, pur essendo stato travolto dalla pandemia, possiamo dire che abbia retto in fondo, ci ha spiazzato l’ampia platea di asintomatici. Non è comune nelle infezioni respiratorie".

Avete avuto paura che i due cinesi, i primi pazienti Covid in Italia, non riuscissero a sopravvivere?

"Se la sono vista davvero brutta. Hanno trascorso settimane in semintesiva. Solo da un anno a questa parte sono stati messi a punto farmaci specifici contro l’infezione, allora la terapuia era solo di supporto e i primi farmaci impiegati erano quelli originariamente destinati per la cura di altre patologie".

Lei è stata fra i primi a sottoporsi alla profilassi: cosa prova nell’apprendere della morte di positivi No Vax anche giovani?

"Faccio fatica a comprendere come, nonostante l’evidenza dell’efficacia del vaccino, ci sia ancora chi, per timore del bassissimo rischio di complicanze dovute alla profilassi, preferisca correre il rischio d’infettarsi con conseguenze ben più gravi".

Stiamo uscendo dalla quarta ondata, la pandemia è ai titoli di coda?

"La variante Omicron è meno aggressiva. Il virus non sparirà, speriamo solo non spuntino nuove varianti da Paesi del terzo mondo, con pochi vaccinati".