Giovedì 18 Aprile 2024

Drogata e violentata da Genovese "Io invalida, non farò più la modella"

La vittima del re delle start-up ha 18 anni: guai fisici e psicologici. La difesa tenta la carta del vizio di mente

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di Anna Giorgi

Nel processo con rito abbreviato, che arriverà a sentenza il 19 settembre e giudicherà, con sconto di un terzo della pena, la condotta di Alberto Genovese, accusato di due violenze sessuali, ieri è stato il giorno delle perizie. I consulenti dell’ex guru delle startup hanno parlato di "grave vizio di mente dovuto all’abuso di sostanze stupefacenti" che avrebbe generato una incapacità dell’ex bocconiano al momento dello stupro. I consulenti e i legali della vittima, la 18enne legata e violentata per venti ore sotto l’effetto di benzodiazepine, hanno parlato invece, di danni fisici e psicologici permanenti, a seguito di una violenza "disumana" che le avrebbe procurato una invalidità accertata del 40% e le impedirebbe ormai di lavorare nel mondo della moda. La giovane, difesa dall’avvocato Luigi Liguori, stando alle parole del suo legale, sarebbe caduta in un forte stato depressivo che le impedirebbe di tornare a una vita normale. Sarebbe stata, inoltre, completamente compromessa la sua avviata carriera da modella.

Il team di legali dello studio Isolabella, che difende Genovese, invece, ha depositato ieri una super consulenza di 36 pagine, firmata dai professori Pietro Pietrini e Giuseppe Sartori in cui si evidenzia per l’ex manager una "compromissione delle capacità di interazioni sociali e di empatia al netto di una capacità intellettuale superiore alla norma". E ancora si legge nelle carte: "Una fragilità emotiva-affettiva in un quadro di tratti Asperger aggravato da un abuso di sostanze stupefacenti". Il racconto reso da Genovese agli psichiatri è riportato a stralci nella perizia: "Nel 2019 e nel 2020 ero drogato marcio la cocaina aveva preso il sopravvento sulla mia vita, non distinguevo più la realtà dalle allucinazioni. Ad esempio vedevo robottini gialli che costruivano il soffitto fino a farne una cupola. Poi mi ero convinto che il mio migliore amico avesse schiacciato tutte le dita della mia fidanzata Sarah e che fossero rimaste tutte rovinate. La realtà per me era che lei avesse le dita fratturate. Invece erano mani sane, ma nessuno riusciva a convincermi del contrario". Questi stralci sono riportati nella perizia che punta a dimostrare come il manager fosse ormai incapace di capire quanto accadeva e non avesse perciò avuto alcuna percezione della gravità della sua condotta consistita nel legare al letto e drogare sette volte la vittima violentandola ripetutamente. Lo stesso avrebbe poi fatto con un’altra ragazza durante un weekend nella sua villa di Ibiza. Genovese, sempre stando alle carte della perizia avrebbe cominciato a drogarsi nel 2016 per dimenticare la sua fidanzata di allora: "Della cocaina ho apprezzato all’inizio l’effetto lenitivo. Mi ha fatto dimenticare in sole 24 ore la sofferenza per una donna che ho molto amato, quello che non era riuscito a fare l’alcol in due anni di abuso". Poi il ricorso alle sostanze diventa critico durante il lockdown, al punto che l’uso quotidiano di grosse quantità di cocaina rosa ha portato Genovese a un ricovero all’Humanitas con la diagnosi di "perforazione del setto e collasso delle valvole nasali dovute all’abuso di cocaina", che gli avevano procurato gravi difficoltà respiratorie.

I danni permanenti subiti dalla vittima, la modella 18enne, sono stati calcolati in un milione e mezzo di euro. Genovese aveva offerto 130mila euro e 25mila euro all’altra ragazza violentata a Ibiza. Cifre che sono state rifiutate. Si torna in aula il 27 giugno, in quell’udienza Genovese sarà interrogato, ha già espresso una volontà di riscatto: vuole occupare dei pazienti ex-tossicodipendenti.